CI SIAMO QUASI: ANSIA PORTAMI VIA!


Alla fine, ad Aarhus, ci sono anche arrivata. Certo, non si tratta della tipica carità caraibica ma è sicuramente una cittadina molto carina. Naturalmente, scesa dall’autobus, mi sono persa in tempo zero. Eppure, secondo i calcoli, l'albergo avrebbe dovuto trovarsi a 300 metri dalla stazione, cosa che in effetti è assolutamente vera ma, se per quattro volte, nonostante tu sia armata di navigatore armata di navigatore, riesci a sbagliare strada, 300 metri diventano ben più di 1 chilometro. Alla fine, al quarto tentativo riesco ad imboccare la strada giusta. Assomiglio vagamente a uno sherpa in miniatura: mi sto trascinando dietro un bagaglio che complessivamente pesa più di me, sono ingolfata in un piumino di dubbio gusto e anche accaldata perché comunque aver camminato con tutto questo peso non mi ha resa fresca come un fiore di campo. Ma finalmente la meta è vicina. Vedo la sagoma dell’albergo che si staglia all’orizzonte come un’oasi in mezzo al deserto. Giro l’angolo e…

NONONONONCIPOSSOCREDERE

Davanti all’ingresso del mio albergo parcheggiato c'è un’enorme, gigantesco e ingombrante tour bus dall’inconfondibile scritta BEAT THE STREET
E delle persone stanno scendendo da quel tour bus. 
E quelle persone si stanno dirigendo dentro al mio albergo. 
E io devo evitare di svenire davanti quelle persone. 


Ravano nella borsa, tiro fuori uno specchietto controllo di non avere l’aspetto totalmente da profuga, mi ravvivo i capelli e, con tutta l’indifferenza che riesco a raccattare, entro nella hall. Ok, in realtà si tratta dello staff tecnico,
capitanato da Brandon che riconosco immediatamente.  Gli sorrido come un'idiota: apparentemente sono calma come un monaco tibetano ma dentro  le mie budella stanno contorcendo come fossero degli esperti circensi. Quando la tizia della reception mi dà da compilare il modulo dei dati personali, la guardo come se mi avesse chiesto di risolvere un problema di fisica quantistica. Non riesco a ricordarmi nemmeno come mi chiamo, figuriamoci il  codice postale del mio paese (infatti devo cercare su Internet). Appena arrivo nella mia stanza capisco che questo non può essere l'albergo in cui soggiorna la band. Ora, va bene tutto, ma un quattro stelle con la tenda al posto della doccia non si può proprio sentire. Nonostante questo sono ancora iper agitata tanto che, invece di spalmarmi la crema idratante, mi cospargo di bagnoschiuma... Speriamo almeno che non piova. Mi trucco di tutto punto perché #nonsisamai e vado a esplorare la città.



L’aria è fredda e tipicamente marittima. Tanto è vero che trovo una cozza sulle scale…


Il museo di arte contemporanea che, con una fantasia sovrumana si chiama ARoS, ospita però una bellissima mostra dedicata a Mappelthorpe (uomini nudi a gogo per intendersi) e delle installazioni di artisti locali che non sono affatto male. Soprattutto mi fanno entrare gratis, confermando che la tessera da giornalista serve più nel nullistan che in Italia. E, cosa ancora più importante, fa caldo!








Intanto il mio stomaco mi fa presente che è quasi ora di mangiare e soprattutto scopro con raccapriccio che le cucine chiudono alle 21. Opto per il ristorante dell'albergo che sfodera uno splendido menù in Italiano ma che ovviamente i camerieri non sanno manco leggere.

Alle 21.15 io e la mia socia osiamo chiedere una fetta di torta che ovviamente la cucina ha chiuso alle 21 e non si transige! Avessimo chiesto di allestire un banchetto per 12 persone sarebbe stato uguale, temo. Ore 22.00 tutti a nanna: ok forse è davvero l’albergo perfetto per il mio cantante tutto pianelle e vestaglietta!

Nel frattempo, mi preparo per l'evento di stasera, nonostante la quasi ipotermia. 
Vorrei far sapere al mio cantante che io sono della grupie old school e del selfie non me ne frega niente #menofotopiùlenzuola.

Apprendo anche con sgomento che ci sarà uno streaming dello show, quindi devo correre a truccarmi! Se volete vedere quattro disperato semi assiderati, cliccate qui!

https://m.youtube.com/watch?v=hCg0D2JDcTs

Per ora, comunque, Aarhus wins!

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