Granada – 4
maggio
“May The
Force Be With You!”
[Han Solo, Star Wars Episode IV: A New Hope]
(Ovvero di
quando rimbalzi come una pallina fuori controllo tra Spagna / Portogallo /
Spagna, sei stanca e malaticcia e trovi conforto in tre semplici parole: croquetas,
jamon, concierto)
A Granada fa caldo, ma caldo
vero. Sembra di essere a Viserbella in pieno agosto. Sì, a Viserbella di
Rimini. Si dice che Granada sia splendida ma il mio albergo è sperduto nel
Nullistan della suburbia cittadina, ho un potentissimo raffreddore condito da
mal di gola e mal di testa e, in più, i 36 gradi di temperatura farebbero
passare la voglia di uscire anche a un tuareg adeguatamente intabarrato.
Improvvisamente, una
gioia: l'hotel ha una bellissima piscina! E una SPA. Evviva, forse riuscirò
a farmi un giorno pre concerto in totale relax e a curarmi dagli acciacchi.
Purtroppo il sogno si infrange miseramente sul bancone della
reception: la piscina apre solo in estate. Ma ci sono 36 gradi! Sì, ma è
primavera!
Ah, ok... ripiego sulla SPA. È chiusa, apre alle 17.00, per due
ore, ed è a pagamento. No, ma grazie!
Mi ritiro nelle mie stanze mesta e affranta come un microcebo
pigmeo con la sola speranza di rifarmi con la cena e aggrappandomi a una delle
poche certezze che ormai mi restano: il fascino del prosciutto non mi tradirà.
Quando
ormai il sole è calato, decido di addentrarmi con le mie socie nei vicoli del
centro. Alla terza tizia che vediamo vestita come una cieca abbandonata in un
negozio Desigual, cominciamo a farci delle domande: o stiamo per essere
colonizzati da una civiltà aliena dal discutibile senso estetico o è in corso
una festa in costume tipico.
Purtroppo
la mia curiosità è surclassata dalla fame e, benché le signore e le bimbe
vestite con quegli abiti che potrebbero prendere fuoco da un momento all’altro
e i fiori incastrati nei capelli siamo in fondo piuttosto carine, trovo molto
più affascinanti i negozi in cui fanno splendida mostra di sé dei bellissimi prosciuttoni!
Croquetas
come se non ci fosse un domani, jamon a profusione e, perché no?, una bella
paella. Alla fine di questo tour sento che rotolerò verso casa come un pallone
da spiaggia visto e considerato che le porzioni potrebbero sfamare
tranquillamente due stati di medie dimensioni.
Volendo
considerare Granada una data tranquilla, andiamo a perlustrare la zona venue a
mezzogiorno. C’è solo una coppia in attesa, in compenso fa un caldo che si
potrebbe arrostire una braciola sul pavimento. Come faccia lei a indossare una
maglia a maniche lunghe nera e dei COLLANT resterà per sempre un mistero. Io in
compenso mi ustiono un piede e le spalle grazie alla disgraziata idea di
mettermi a lavorare appollaiata su un muretto. Rimedio anche un’emicrania da
insolazione mica male. Se la sommiamo ai già presenti raffreddore e mal di
gola, sono pronta per l’ambulanza!
Il pubblico
di stasera sembra molto tranquillo ed educato: ogni persona che arriva viene a
farsi numerare (per quale motivo abbiano deciso tutti che facciamo parte
dell’help desk Placebo non mi è ancora chiaro) e si dispone diligentemente in
fila. A 15 minuti dall’apertura porte
tocchiamo il ragguardevole numero di 85 fan!
Raggiungiamo
la transenna con un elegante passo di flamenco e in quattro occupiamo lo spazio
che in altre occasioni era destinato ad almeno 24 persone. Gli spagnoli devono
essere grandi fan di Karate Kid dal momento che non invadono minimamente lo
spazio vitale altrui. Ma per non smentire il postulato di Boling (Se sei di
buon umore, non ti preoccupare. Ti passerà), ovviamente io ho dietro una
finlandese che ha deciso di dimostrarmi tutto il suo affetto standomi
appiccicata come la cozza allo scoglio.
Dei Digital
non dico nulla, se non che ne manca ancora soltanto uno.
Per i
nostri si prepara un parco fotografi di ben 2 elementi di cui uno sembra un
hippie fuori forma e l’altro è un settantenne uscito direttamente da Downton
Abbey. Tenero però, con un gilettino di lana e un cappello da pesca d’altura,
ripone tutte le sue cosine in comode buste di velluto prima di lasciare il
sottopalco.
Le prime
due canzoni, che sono quelle dedicate ai fotografi, scivolano via senza
intoppi, anche se Brian ha delle occhiaie che nemmeno il Prep&Prime di Mac
è riuscito a coprire.
Saluti e
baci, benvenuti alla festa di compleanno e poi…
“Tengo… tengo unas noticias”
(Oh,
merda…)
“Esta noche estoy enfermo”
(Oh,
merdissima! Spirito di Aarhus, vattene via!)
“Tengo la fdnfsnsitas”
(Eh? Che cosa
tiene? È una roba mortale? È una verruca sull’alluce? Ma cazzobudino, perché
non ho guardato Dr. House in spagnolo? Poi da dietro qualcuno urla “Yo tengo un
ibuprofeno” e allora capisco che non è nulla di fatale!)
“Pero estoy
aquí, ah…”
FINE DELLE
CONOSCENZE DI SPAGNOLO DEL MIO CANTANTE.
Di seguito
il resto del surreale annuncio:
B: “Stefan
is my translator”
S: “Sì, soy
yo traductor”
B: “Even
though I have a problem in my throat”
S: “Tiene
una problema con su garganta…”
(Ahhhh,
allora è solo un mal di gola! Tiro un sospiro di sollievo. Poi mi ricordo che è
un cantante. Forse, in effetti, il mal di gola potrebbe essere un problema.)
B: “I am so
gonna do my very besto to play and sing like a fucking demon tonight”
S: non ho
capito una mazza se non un motherfucker…
Eh niente… Sospiro come una damina
dell’800. Mi manca
solo la mano al petto e il fazzoletto di pizzo portato leziosamente alla
fronte. Mi crogiolo in un lago di pucciosità in compagnia di unicorni
saltellanti. Le dosi di Oki, unite alla dichiarazione del mio cantante mi
stanno facendo sprofondare in un universo parallelo in cui i nostri germi fanno
la reciproca conoscenza e lo scambio di fazzoletti equivale a una dichiarazione
di amore eterno.
Nonostante
il mal di gola, tutto procede più che bene. Pochissime variazioni di tono
giusto per evitare di sputare una tonsilla sulla prima fila, gesto forse non
carino ma utile per il prelievo di cellule ai fini di un’eventuale clonazione.
Brian sta veramente poco bene, sorride molto, tossisce parecchio, ma non parla
più per tutto il resto dello show: niente presentazione della band, niente
discorsetto sulla fine della melancholic section.
Che voglio
dire, ma una mano a ‘sta creatura non
gliela vuole dare proprio nessuno? Cioè, la so ripetere io la parte a occhi
chiusi, possibile che per una volta che il poverino ha il gatto che fa la mottine
sulle sue corde vocali, non ci sia un’anima pia che possa ripetere il copione
al suo posto? O forse volevano solo finire il più in fretta possibile…
Sul People
di Too Many Friends parte uno sputo che per fortuna si perde nell’aria,
altrimenti la cecità era assicurata.
Il Phone di
20 Years non è più fucking, ma un modello semplice tipo Motorola StarTAC 75 del 1997.
Niente motteggi, niente impastate
d’aria, niente simulazioni e, ovviamente, niente ravanate (lodevole pratica che
tuttavia ha fatto la sua comparsa solo nella data di Madrid, forse a scopo
consolatorio per i disgraziati che hanno passato ore e ore sotto la pioggia
battente trasformandosi in muschi).
Non tagliamo le pause sigaretta
che, come è noto, è terapeutica in caso di male alla gola. In compenso tagliamo
Space Monkey (con mio sommo dispiacere visto che mi incanto sempre sulle
manotte) e Nancy Boy (con mio immenso dolore visto che vado in visibilio sulla
simulazione orgasmica finale).
Il lancio delle bacchette post
Running è sempre a rischio morte, per cui stiamo perfezionando una nuova
disciplina olimpica: la fuga dalla transenna. Fuori c’è il tempo di scambiare
due parole con Bill che candidamente confessa di conoscere Logrono ma di non
avere idea di dove siano Barolo e Taormina. #benemanonbenissimo
Aspettare che escano a firmare
autografi e baciarci tutti è perfettamente inutile stasera, quindi decidiamo
senza esitazione di concludere la serata nel modo più consono: sbranando mezzo
chilo di jamon svaccati sul letto.
In conclusione, quello di Granada è stato un concerto
strano, più breve del solito, di certo non quello che mi aspettavo.
Innanzitutto nella venue c’era un
odore molto particolare: o i tizi dietro di me hanno abusato di una particolare
colonia dal forte afrore muschiato oppure si sono stranfatu di canne manco
fossimo a Woodstock.
I tipi della security erano
stranamente bellocci ma, mi raccomando, se non volete essere accompagnati
fuori, non fate loro foto a tradimento.
E poi è successo che, dopo 6
concerti in 10 giorni, il mio cantante è riuscito ancora a stupirmi.
Sarà che per me raffreddore e mal
di gola sono l’anticamera dell’inferno. Posso affrontare cose pericolosissime
come la lettura forzata di un manuale di autosostegno basato sulle proprietà
taumaturgiche della Dieffenbachia, la vista
di un essere umano con sandali e calzini, l’abbinamento rosa pesca/blu balena
sulla faccia del mio cantante, ma l’influenza no. Due linee di febbre mi
prostrano come se avessi avuto un frontale con un Frecciarossa, mi lamento e
rantolo fra le coperte incapace di emettere suoni comprensibili e cercando di
raggiungere un misero bicchiere di acqua, unico sollievo in un oceano di
dolore. A 37,2 sento di dover fare testamento, a 37,5 sospiro in attesa
dell’estrema unzione, a 38 parlo con le mie allucinazioni che si manifestano
generalmente come bistecche che volano o Martin Gore.
Per questo motivo ammiro dal
profondo chi riesce anche solo a deambulare correttamente in preda all’orrida
influenza.
Brian Molko riesce anche a
cantare con il mal di gola.
Brian Molko riesce anche a
cantare bene con il mal di gola.
La verità è che il concerto di
Granada avrebbe tranquillamente potuto essere cancellato. Non era sold out, non
era una location particolarmente prestigiosa, il pubblico, per quanto
partecipe, non era tantissimo. Insomma, dopo un tour de force di date, acqua,
pioggia, vento e influenza, una cancellazione per malessere ci stava tutta. E
invece no. Il mio cantante è salito sul palco e ha fatto il meglio che poteva.
E l’ha fatto egregiamente. Questo giusto per dovere di cronaca e per ribadire
il concetto di professionalità a tutti i delatori del caso.
#nonèancorafinita
#logrono
LYA
Mi fai troppo ridere...
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