Ciò che non
vuoi che sia fatto a te, non farlo agli altri.
[Etica della
reciprocità]
(Ovvero di
quando ti senti improvvisamente pervasa dallo spirito di Vulvia alle prese con
un’improbabile puntata di Rieducational Channel e produci un inutile post che
nulla ha a che fare con “subbaqqui” e “’mbuti” ma aiuta a sedare l’ansia delle
48 ore pre-concerto. Sapevatelo!)
Mi piacerebbe
dirvi che queste 4 sparute date estive siano state una sorpresa, che il fatto
che il 50 per cento dei concerti avvenga in Italia sia un regalo della nostra
band per dimostrarci tutto il suo affetto e che nessuno davvero poteva
aspettarsi nulla del genere considerata la conclusione affrettata del tour del
ventennale che lasciava presagire un lungo, lunghissimo, periodo di astinenza
da concerti, da album, da interviste, da risatine e mugugni, da tutto insomma.
E invece no. Tutto questo era stato da lungo tempo previsto e altro non è che
l’avverarsi di una profezia del celebre vate Percivalle Della Batosta. Di
seguito il testo originale:
Nel sesto mese dell’anno XX+II
Per due volte lo stivale verrà turbato
Dal placeo futuro
Relitti di danari e facondia giaceranno
Inutile sarà la fuga
Pertanto,
prestate attenzione: le trombe dell’Apocalisse suonano più forti del violino di
Angela.
Alla luce di
queste premesse, mi è sembrato doveroso compilare un breve vademecum di natura
empirica per il fan placebico che, tenuti nella debita considerazione fatti
realmente accaduti nel corso dell’ultimo tour, mira a offrire una guida di
sopravvivenza, probabilmente utile come una forchetta nel brodo.
Cosa aspettarsi quando si aspetta un
concerto dei Placebo
Breve vademecum per il fan impreparato
Se una sfiga vi ha già colpiti, posso
esserci innumerevoli ricadute
CLIMA: ora, ammetto che partire per Londra mentre l’uragano
Brian (e mai l’Organizzazione
meteorologica mondiale avrebbe potuto scegliere un nome più azzeccato) si stava per abbattere sull’Inghilterra, non sia stata
un’idea geniale ma, durante tutto il tour del ventennale, posso
tranquillamente affermare di essermi imbattuta in tutte le condizioni
climatiche previste da Meteo.com, eccettuata, ma non escludo possa avvenire a
breve, la pioggia di rane. Insieme a una sparuta compagine di avventuriere,
sono passata dai -20° di Parigi ai + 40° Barolo e Nîmes, note località balneari
italo-francesi. Dopo le piogge torrenziali che hanno falcidiato la penisola
spagnola in avanzata primavera (cosa che, a detta degli autoctoni, non si
vedeva dal 1994), dopo aver rischiato a Logroño di essere spazzata via da un
vento a 70 nodi che al confronto la Bora triestina è una leggera brezza, dopo
l’umidità al 234 per cento di Versavia che in 8 ore di fila mi ha fatto crescere
il muschio sulle scarpe, sono approdata a Plovdiv (sì, esiste e si trova in
Bulgaria), dove si sono concentrate tutte le calamità conosciute: dal caldo
torrido, inquinato e irrespirabile all’uragano tenebroso solcato da splendidi
soli di Baudelariana memoria.
CONSIGLIO: vestitevi a strati come se steste
andando a fare sci alpinismo, anche se ci sono 35 gradi portatevi un maglione,
procuratevi un impermeabile usa e getta (lo vendono anche alla Mondadori a 2,90
euro), se possibile non dimenticate un
ombrello: vi sarà utile in caso di pioggia o per ripararvi dal sole cocente.
Siamo in estate, quindi non si escludono grandine e nubifragi: non uscite con
la macchina, piuttosto usate i mezzi pubblici! Siamo al mare: attenzione a
maremoti e onde anomale, portate un salvagente. Ricordate che Placebo è
sinonimo di cataclisma: la neve estiva prospettata da Gigi D’Alessio non è così
improbabile.
VENUE: trotterellando agevolmente tra teatri eleganti, siti
storici, palazzetti spropositati, palestre scolastiche e centri sportivi dal pungente
sentore di cloro, ho avuto modo di mettere alla prova l’efficienza di parecchie
location sparse per l’Europa. Il minimo comune denominatore è che, normalmente
gli addetti all’ingresso e al controllo biglietti hanno il Q.I. di un acino
d’uva ma non la stessa utilità. Qualche piccolo esempio: in Scandinavia, in
pieno ottobre, con a stento 0° ci hanno fatto togliere i giubbotti 2 ore prima
di entrare per “questioni di sicurezza”; a Parigi la tizia che doveva controllarmi
il biglietto ha perso la cravatta e a Nîmes una sua collega di incapacità ha
fatto cadere un guanto con il risultato di bloccare la mia fila per 10 minuti
buoni (il che vuol dire crisi isterica nel vedere entrare persone arrivate
molto dopo e non poter fare assolutamente nulla); a Barolo un tizio di cui si sono perse le tracce per sempre ha pensato bene di mettersi dietro a un bidone con il risultato di
mettere alla prova le capacità atletiche degli astanti nel noto sport “salta la
monnezza”; a Madrid degli sciagurati addetti alla sicurezza ci hanno indicato
la strada sbagliata facendoci arrivare direttamente in una tribuna chiusa (non
nego che abbiamo pensato di saltare di sotto senza passare dal via).
CONSIGLIO: tutte le location, indistintamente,
sono impreparate a gestire la fila che, ineluttabile come il raffreddore da
fieno, si crea ogni volta. Sì perché il fan dei Placebo è codista inside: anche
qualora si trovasse ad assistere a un concerto alla bocciofila di Pernate con
affluenza prevista di 34 persone e posto assegnato, il fan disagiato si mette
preventivamente in fila almeno 2-3 ore prima (ma facciamo anche 4, e in fondo
tra 4 e 8 non c’è molta differenza, e poi siccome non ho niente da fare penso che 10 ore prima si accettabile. Naturalmente si parte 14 ore prima
perché NON SI SA MAI!). Io stessa confesso di aver sofferto di una crisi abbastanza
acuta da astinenza da coda una volta finita la leg autunnale del tour e per
qualche settimana mi incolonnavo dietro a qualunque transenna piazzata per dei
lavori stradali o a qualsiasi gruppo di più di due persone messe in fila
indiana. Ma tant’è, la fila si può fare e si può gestire. Non contate su
un’organizzazione ufficiale, perché non ci sarà ma nello stesso tempo non abbiate
timore di quelli che magari hanno un po’ più di esperienza, fatevi dare il
malefico numerino: credetemi non sono lì per fregarvi!
IL FAN CHE NON VORRESTI: in questi ultimi anni si sono sprecati gli articoli sulle tipologie di persone che potresti rischiare di incontrare a un concerto. Bene, i Placebo le hanno TUTTE, più alcuni esemplari peculiarmente disagiati. Preparatevi!
Quelli che non si lavano: ebbene sì, purtroppo c’è una parte di fandom che ha una completa sfiducia nei confronti del sapone. Se capitate vicino a uno di questi soggetti, mi spiace, non c’è nulla da fare. È una delle disgrazie peggiori che possano succedere in questi frangenti: la puzza non è rock, ma loro lo ignorano. Perché se è vero che il fumo uccide, pure certe ascelle e certi aliti non scherzano. Di solito si tratta anche di soggetti molto attivi, che non perdono occasione per scatenarsi al suono della musica e a voi sembrerà di stare al fianco di un sacco dell’immondizia ondeggiante e olezzante. A nulla serve trattenere il respiro, se non a farvi venire un embolo e finire in ospedale.
Quelli che non mangiano e non bevono: ebbene sì, ci sono soggetti che passano ore e ore in fila immobili, senza idratarsi e senza nutrirsi come novelli respiriani! Sotto al sole così come sotto l’acqua o sotto la neve. Risultato: alla prima nota svengono e vengono trasportati in infermeria che, lo ricordo, non è una via preferenziale per il backstage.
Quelli che non usano il bagno: ebbene sì, sono un’evoluzione della specie precedente. Oltre a non mangiare e non bere, non vanno in bagno per ore e ore. Se non che, siccome l’essere umano non è dotato di una vescica elefantiaca e, normalmente, non gira con un catetere, prima o poi la natura ha la meglio. E quale momento migliore per eliminare dei liquidi corporei se non quando si è belli schiacciati e stipati in mezzo metro quadro di parterre? Sì, è successo davvero e no, non fatelo: è disgustoso.
Quelli che bevono (non acqua): ebbene sì, quando vedete avvicinarsi l’omino della security con il sacco della segatura, vuol dire che il danno è già stato fatto. Fidatevi, birra e vino, per quanto buoni e appaganti, non vi daranno la giusta idratazione! Godetevi il concerto, due ore a base di acqua potete farle!, e poi brindate con quello che più vi aggrada. Di una cosa sono certa, a Molko non fa piacere vedere le persone che gli vomitano davanti (e come dargli torto?).
Quelli che piangono: ebbene sì, lacrime come fossimo alle Victoria Falls. Ora, una punta di commozione è più che giustificata, l’emozione non va contenuta e i pianti fanno gli occhi belli! Tuttavia non si può singhiozzare come se fossimo a un concerto di Adele! Soprattutto, non abbracciarmi, non inondarmi la maglietta di liquidi, non frignare come se ti avessero sterminato la famiglia! Si, è successo davvero ed era un marcantonio di 190 cm!
CONSIGLIO: Armatevi di salviette deodoranti, fazzoletti, campioncini di profumi e gomme da masticare da offrire senza avarizia. Usate i bagni, andate a mangiare (nessuno vi ruba il posto in fila), non spingete e non scavallate. Soprattutto siate gentili con tutti quelli che vi stanno intorno perché, credetemi, a fare gli stronzi non ci guadagnate né una menzione d’onore né, tanto meno, un bacio in bocca da Molko.
Ultimo appunto: se dietro di voi c’è un fan formato Brian, alto un metro e tanta speranza e voi condividete il patrimonio genetico di Lou Ferrigno, suvvia, dimostrate di essere più gentili della media europea e fatelo passare avanti: a voi non cambia nulla e lui/lei eviterà la morte per schiacciamento. Già siamo un fandom esiguo, evitiamo di auto distruggerci!
Ultimo appunto: se dietro di voi c’è un fan formato Brian, alto un metro e tanta speranza e voi condividete il patrimonio genetico di Lou Ferrigno, suvvia, dimostrate di essere più gentili della media europea e fatelo passare avanti: a voi non cambia nulla e lui/lei eviterà la morte per schiacciamento. Già siamo un fandom esiguo, evitiamo di auto distruggerci!
ABBIGLIAMENTO&TRUCCO: per più di un anno ci siamo
concentrati a scandagliare quasi esclusivamente il guardaroba del nostro
cantante che, a conti fatti, comprende: 4 camicie (nera, a pois, con lo stemma
di Hogwarts e controllore ATM style), 3 paia di pantaloni (leggings, a
culandra, con cerniere alle ginocchia), magliette bianche e nere marca Zuiki a
casse, 2 gilet (nero e a righe), 1 giacca nera, 2 paia di stivaletti (beige e
neri) + alcune sporadiche comparse (una
camicia bianca con cravatta a righe utilizzata per Halloween e un paio di jeans
home made tagliati al ginocchio sfoggiati a Firenza). Vorrei però far notare, a
questo punto, che anche il nostro bassista ha sfoderato degli outfit che
sembravano studiati appositamente per creare aberrazioni ottiche: la scosalina
della nonna (dicesi scosalina un grembiule informe indossato dalla casalighe
piemontesi per proteggere gli abiti durante i lavori domestici), la camisella
(dicesi camisella una maglia informe indossata prevalentemente per andare a dormire
con il gatto. Stef la indossa sui jeans e gli arriva quasi alle ginocchia,
segno che quella “cosa” era stata concepita per essere un abito, probabilmente
anche di misura tall); la canotta recuperata dagli scarti del magazzino cinese
di Tezenis; la maglia consunta con bretelle applicate lasciate penzolare in
mezzo alle gambe che fanno tanto “impiccato”; il bolerino comparso a Barolo (e
in un lampo è subito “palla strobo, disco e anni 90”); le Converse tenute
insieme con lo scotch usate per tutti e 90 i concerti.
CONSIGLIO: considerato il fatto che quando quei
due si mettono d’impegno, salgono sul palco vestiti come la copia low cost di
una cover band dei Nomadi, cerchiamo di tenere alta la bandiera dell’eleganza
italiana inviando vibrazioni fashion positive. No abiti da sera, per carità! Si
mormora che Molko abbia un debole per i fiori nei capelli: qualcuno potrebbe
provare. Evitate il lattice e il vinile unicamente per non morire di caldo. Per
il resto, buttate un occhio sul palco e vedrete un ragazzo strizzato in un paio
di jeans che sembrano aerografati tanto sono stretti e sappiate che, qualsiasi
cosa succeda, Nick soffre più di voi!
FUNNY MOMENTS: In fondo il fan dei placebo è una
specie tranquilla e che si accontenta di poco: un cambio di abiti durante lo
show, per esempio, è vissuto con lo stesso entusiasmo che serpeggiò al CERN
quando venne rilevato per la prima volta il bosone di Higgs. Del resto il
nostro cantante, in apparenza così ingrugnito e palesemente infastidito
dall’eccessiva umanità che lo circonda, ha in realtà lo spirito di un folle
umorista ed è capace di regalare dei momenti di ilarità indimenticabile. È
capace di cambiarsi le scarpe sul palco perché gli fanno male i piedi e di
avvolgersi in un accappatoio nero come un piccolo Darth Vader perché ha freddo,
è capace di prodursi in una mossa ninja che se ci provo io bisogna chiamare un
osteopata per rimettermi dritta e di saltare giù dalle casse come uno stambecco
montano. È capace di mettere in imbarazzo chiunque gli dia fastidio con GoPro e
affini ed è convinto che nelle prime file ci siano solo teenager (ah, la
miopia, che benedizione!). È capace di dire le cose più oscene con l’ingenuità
di una dodicenne ed è capace di rimproverare chi spinge o fa male agli altri
con lo stesso cipiglio di Albus Silente. Tutto questo, naturalmente, se è nel
mood giusto.
CONSIGLIO: è compito del pubblico creare il mood
giusto. Quindi cantate, urlate, ballate e applaudite. Applaudite tantissimo.
Sorridete, ridete, divertitevi: siete qui per questo, no? Se poi proprio non
potete esimervi dall’utilizzare l’inferior simulacrum of the moment (aka
smartphone, iPad, Nokia 3310, macchina fotografica, polaroid, strumenti per la
produzione di dagherrotipi vari), per favore, cercate di non dare fastidio a chi
vi sta dietro, non arrabbiatevi se vi chiedono di abbassare le braccia (tutti
hanno pagato per vedere un concerto e non gli schermi altrui) e, soprattutto,
non stupitevi se sarete voi i bersagli della prossima predica di Padre Brian!
PARADOSSI PLACEBICI: in un anno di tour ne succedono
davvero di tutti i colori. Ve ne cito solo 3, a titolo esemplificativo:
AMSTERDAM: durante il viaggio di ritorno,
iniziata la procedura di atterraggio, un tizio con uno zaino sulle spalle si alza, si mette a correre in mezzo al corridoio dell’aereo e si inginocchia di fianco al mio sedile. Ho pensato: “Basta, è andata”. È stata
la paura più genuinamente triviale che io abbia mai provato. Non è successo nulla: il tizio
era “semplicemente” uno squilibrato che è saltato giù dall’aereo appena si sono
aperte le porte.
PARIGI: appena atterrata vado a prendere una brioche al bar
dell’aeroporto. La cameriera mi scambia per l’amante araba (!!!) del compagno e
mi assesta un ceffone da competizione. Vi assicuro che di me si possono dire
tante cose, ma non che ho origini arabe. Cioè è morfologicamente impossibile!
COLMAR: dopo aver sofferto tutto il giorno per uno strano
fastidio al polpaccio che non accennava a passare nonostante alcune sedute di
pranoterapia, mi dirigo verso la transenna quando vengo colpita da un dolore
tipo spada laser di Kylo Ren. Sopporto stoicamente la sofferenza, mascherando
il tutto con un’elegante flamingo pose e il giorno successivo mi dirigo in
ospedale. Risultato: lesione subtotale del gemello, 40 giorni di stampelle, 40
punture di eparina e 1 mese di fisioterapia. È passato un anno quasi e non sono
ancora guarita. Ah, era il mio compleanno!
CONSIGLIO: questi aneddoti servono solo a dirvi
che non si è mai abbastanza preparati. Aspettatevi di tutto, cose belle e
drammi veri, momenti indimenticabile e casi umani. Quando decidete di seguire
una band come questa, dovete pigliarvi il pacchetto completo!
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Approfitto di questo spazio per rispondere ad alcune
domande e ad alcune insinuazioni che sono state fatte direttamente o meno,
sperando di non dover dare altre spiegazioni:
- No non ci guadagno nulla
- No, non lavoro per la Riverman. Ma vi pare? Io lavoro per Topolino, gente seria mica pizza e fichi!
- No, Molko non ha accettato il mio invito a cena.
- No, non ho visto nessuna “colizione di farfalle”
- No, non ho minimamente idea se Molko si depili o meno. Nel caso, apprezzerei.
- No, non mi danno biglietti gratis. Ma vi pare? Manco un caffè, figuriamoci un pass!
- Lo faccio perché mi diverto, perché spero di divertire e perché, dopo aver sentito una tizia affermare con sicumera: “Il mio progetto EDITORIALE è postare foto su Instagram in cui sono venuta bella”, direi che un blog che segue il tour di una band è quasi banale.
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Tutte le illustrazioni sono di quella strafiga di Nicoletta Baldari
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