E di pazienza in questi anni ultimi anni ne abbiamo avuta tanta. Non mi dilungherò su argomenti quali pandemia o guerra perché il fatto che questi due anni siano stati una, diciamolo, MERDA per tutti è palese quanto il fatto che la terra sia tonda.
E il paragone, al netto dei terrapiattisti, non è fatto caso. Spenderò invece dieci righe su quello che è successo nel mondo placebico dal momento che il 2022 verrà ricordato dai fan non per le suddette disgrazie ma per il piccolo capolavoro ce i nostri beniamini ci hanno sfornato: Never Let Me Go.
Come sempre non ci saranno critiche tecniche o musicali, ma solo gusti personali. E ricordate sempre: a una pizza io preferirò sempre un piatto di fave bollite!
Sapete tutti che a marzo la nostra band del cuore, con il tempismo che le è proprio, ha organizzato cinque intimate show in giro per l’Europa praticamente oggi per domani, per consentire proprio a tutti di partecipare agevolmente. Ma del resto, un fan dei Placebo può forse avere una vita da organizzare, un lavoro da gestire, appuntamenti da pianificare? Ovviamente no. Oppure, se ce li ha, quando Molko chiama, si manda tutto a carte e quarantotto e qualche Santo provvederà.
Ancorata a questa convinzione sono partita con una valigia enorme piena di tanta speranza per una traversata infinita su rotaie e questo è stato il risultato.
PARIGI: sarà anche la città dell’amore, ma tra me e la capitale francese è scoccata al massimo un’indifferente tolleranza. Tanto è vero che anche stavolta mi accoglie a suo modo:
- un receptionist che non parla inglese, francese, spagnolo e qualsiasi lingua conosciuta ma emette solo suoni gutturali;
- un foro di proiettile nella finestra della stanza;
- una moquette che non vede il sapone da quando è stata posata, ossia dalle guerre puniche;
- un asciugamano da dividere in tre che in tempo di pandemia è davvero igienicamente inaccettabile. E no, non lo sarebbe nemmeno in condizioni normali;
- una temperatura media di 25 gradi, cosa che non si verificava almeno dal 1983. Che sarebbe perfetta se tu non avessi in valigia l’attrezzatura da alpinista.
A mezzanotte uscirà il nuovo album e noi avremo il privilegio di poter sentire le canzoni in anteprima. La location è piccolina, ci sequestrano i cellulari all’ingresso ma la transenna si raggiunge facilmente, dopo sole 14 ore di attesa. Nonostante tutto, la Parigi manesca mi si palesa di nuovo perché un tizio grande e grosso, dall’insopportabile olezzo decide di malmenarmi a caso deciso a volere proprio il mio posto. Per fortuna il tizio della security è stato fondamentale nel redarguirlo con uno spaventoso e minaccioso: “Doucement!”. Io i parigini non li capirò proprio mai: ma “doucement” un paio di balle! Se non era per un calcio negli stinchi quello era ancora lì che cercava di staccarmi dalla transenna! Passato questo piccolo inghippo, comincia a salirmi l’ansia: sono solo 4 anni che aspetto questo momento. È tutto strano, trovarsi tra la gente di nuovo, parlare, scherzare con degli sconosciuti, ristabilire una vita che avevo quasi dimenticato. Eppure quando cominciano le prime note, mi accorgo che non è cambiato nulla.
La gioia, l’emozione e il batticuore, quelli sono sempre gli stessi. Entrano sul palco, la musica è fortissima, Brian si avvicina al microfono, spalanca la bocca, ci acceca con i denti nuovi e… non succede niente. NIENTE! Il mio primo pensiero è stato: “Oddio ho preso il Covid e ho preso una variante in cui si perde l’udito. O meglio, l’udito sulla voce di Molko. Ecco lo sapevo: tutti perdono il gusto e l’olfatto e io invece ho una perdita settoriale di udito!” Poi mi guardo intorno e vedo effettivamente delle facce perplesse, il tipico sguardo da gatto in tangenziale. Allora non ho il Covid, c’è davvero qualcosa che non va! La situazione non migliora, anzi si protrae per tutto il concerto. Ora, capiamoci: da una parte c’è Brian che interagisce con il pubblico con lo stesso entusiasmo che è una persona allergica alla puntura di ape può manifestare nell’approcciarsi a un alveare. In più non si sente assolutamente nulla, si sente soltanto la musica e tutto questo è un po’ strano. Va bene mantenere il riserbo sulle canzoni del nuovo album ma così mi sembra un po’ troppo! Siamo al livello di uno spettacolo alla Marcel Marceau: è vero che siamo a Parigi, ma come omaggio mi sembra un attimino eccessivo!
Ma il bello deve ancora arrivare: all’uscita del concerto incontro due ragazze italiane che, con l’entusiasmo tipico del primo spettacolo, ci raccontano di quanto siano belle le canzoni nuove e di quanto sia stata eccezionale l’acustica. Ottimo: solo nelle prime file non si sentiva nulla! Quindi posso dire di essere stata al concerto di presentazione di un album e le canzoni dell’album stesso mi restano ancora totalmente inedite: i non mi resta che aspettare la mezzanotte e ascoltarlo dalla mia Apple Music.
BERLINO: arrivo a Berlino con una spada di Damocle sulla testa: ho scoperto il giorno prima che per entrare al concerto serve un tampone negativo effettuato nelle ultime 24 ore, il che non sarebbe un problema se non fosse che nel malaugurato caso di positività io dovrei fare la quarantena a Berlino e le uniche parole che conosco in tedesco sono “ascia” e “scoiattolo”. Nonostante questo l’accoglienza che la terra tedesca ci riserva è decisamente più calorosa (non a livello di temperature ma a umano e logistico! rispetto alla parigina: la stanza che ci viene assegnata è ampia e confortevole nonostante il bagno sia stato ricavato da un armadio e l’host è molto gentile ed educato, addirittura si sforza di parlare in un inglese assolutamente comprensibile. Il giorno del concerto veniamo accolte da un gruppo di fan tedeschi che ci danno il buongiorno offrendoci uno spritz. E tu che hai il tampone da cui dipende praticamente tutto il resto del tuo tour e la sopravvivenza del tuo conto corrente non puoi accettare con gioia! Il fatto che questi simpatici soggetti abbiamo continuato a bere fino all’apertura delle porte e che si siano trascinati con non so quali forze fino alla quarta fila per me rimane comunque un mistero! Nel frattempo, l’album è uscito, è un piccolo capolavoro, non si scarta nulla ma al quindicesimo ascolto propinato a tutto volume da questi fan tedeschi pieni di entusiasmo vorresti dar fuoco a tutta la discografia placebica!
All’ingresso ci controllano carta d’identità, biglietto, certificato vaccinale ed esito del tampone: credo che se mi chiedessero anche il codice fiscale di mia madre non mi stupirei! Riusciamo entrare con tranquillità e ma lo spettro del concerto parigino aleggia sulle nostre teste: nel frattempo purtroppo abbiamo notato l’assenza di un personaggio per noi fondamentale, ossia l’angelo delle chitarre di Brian. Il buon Brandon forse è andato in pensione e si sta sollazzando su qualche spiaggia caraibica (e glielo auguro!) ed è stato sostituito da un losco figuro che amichevolmente chiameremo Codaliscia per la sua inquietante somiglianza con il Ponzio Pilato potteriano.
Cominciamo molto bene con l’annuncio che la band è dispersa e che, quantomeno, farà un’ora di ritardo perché, ci spiegano, sono andati a registrare una trasmissione televisiva in un posto che dista circa un’ora di volo da Berlino ma loro, ovviamente, sono andati in bus. Chi sia stato a prendere questa sciagurata e scellerata decisione io lo posso soltanto immaginare, ma non farò nomi, soltanto iniziali: B.M. Il tempo passa, i tecnici accordano insistentemente i pochi strumenti che hanno a disposizione, le mie speranze vanno in fumo quando vedo Codaliscia appoggiato a un muro abbracciato a una chitarra e con la bolla al naso. Improvvisamente qualcosa si muove e il concerto comincia senza neanche uno: “Scusate il ritardo, poveracci!” Incredibilmente si sente tutto ed è inutile che mi dilunghi in recensioni perchésono già state ampiamente fatte. Fuori dalla venue inciampiamo in Stef (che io come al solito non vedo!) e in Brian travestito da Raptor: è evidentemente un fan di Harry Potter!
AMSTERDAM: il trasbordo Berlino-Amsterdam avviene, come per le altre tappe, in treno e questa volta mi trovo in un piccolo scompartimento molto vintage a sei posti con un bel tavolo in mezzo, le tende oscuranti bordeaux e un compagno di viaggio giovane e carino. Disgraziatamente decido di mettermi ad ascoltare il nuovo album e alla fine piango così tanto e ho la mascherina talmente inzuppata di lacrime che il ragazzo giovane carino mi offre una brioche alla crema. Lo so che non si accetta cibo dagli sconosciuti, ma avevo fame! Amsterdam è una città che mi è sempre piaciuta moltissimo nonostante il vento. Trovo che i suoi abitanti siano accoglienti e gentili e anche questa volta non si smentiscono affatto. Adoro il fatto che ci siano questi tavolini in mezzo alle piazze e che soprattutto tu possa sederti a un tavolino da sola senza che le persone ti guardino come se tu fossi l’ultima sfigata sulla faccia della terra. Qui c’è un senso di libertà che è impagabile e quindi io che mi ero programmata di mettermi a lavorare, farmi una maschera e lavarmi i capelli, mi ritrovo il giorno prima del concerto seduto in una piazza sorseggiare un bicchiere di vino e a godermi le persone e l’aria!
La mattina successiva si va in coda abbastanza presto e sono emozionata perché ci sono delle persone che non vedevo da anni e abbiamo tante cose da raccontare. Nel frattempo scopriamo che nella stessa venue c’è un concerto di un’altra artista: per lei c’è in attesa una ragazza che resterà l’unica fan in coda per tutta la giornata. Ripeto: sola per tutta la giornata! Ma questa sua tenacia le fa guadagnare un ingresso anticipato cosa che io credo qualsiasi band dotata di un buon cuore dovrebbe fare nei confronti dei suoi fan più fedeli. Il concetto di Amsterdam è l’esatta fotocopia del concerto di Berlino ma fatto con due ore di anticipo rispetto al precedente, le canzoni nuove ormai le sappiamo e si possono quindi cantare a squarciagola e l’acustica è decente. Dopo una bella porzione di patatine da McDonald, si può archiviare anche questa esperienza e passare alla successiva che sarà Bruxelles.
BRUXELLES: La stazione di Amsterdam è immensa e non so per quale motivo (forse perché sono le sei del mattino) tutte le persone che mi vedono mi chiedono informazioni come se io fossi il capo stazione. Be’, non è così: già faccio fatica a orientarmi nel mio stesso cervello figuriamoci a dare indicazioni ad altre persone. A Bruxelles fa freddo e la location avrebbe delle norme avrebbe delle enormi possibilità se non fosse che è ubicata in un posto dimenticato da Dio ed è un cantiere aperto. Quella che avrebbe potuto essere un’esperienza molto romantica con fiori e piante, un luogo gradevole dove passeggiare e da visitare, è in realtà un coacervo di ponteggi, secchi di vernice e teloni con il puzzo tipico delle strutture in ristrutturazione. Devo dire che andare a sentire suonare i Placebo in un cantiere era veramente un’esperienza che mi mancava! Anche qui condividiamo la serata con un altro artista e sono talmente organizzati che le due file si mescolano e fanno amicizia fra di loro perché nessuno sa bene da che parte andare. Alla fine, come sempre, si sistema tutto e tra un ponteggio e l’altro, ci si ritrova in transenna. È la mia ultima dara e, come in ogni ring composition che si rispetti, si ripete lo stesso scenario di Parigi. Musica a mille e voce a -74. Per fortuna, e ci speravamo, si è verificato un bell’inghippo tecnico su Too Many Friends (ma toh, che caso!). Il nostro piccolo cantante del cuore si è sentito in dovere di spezzare la tensione e il silenzio e lo ha fatto a suo modo. Dopo una reprimenda di alcuni minuti all’indirizzo di Bill, Stef e Nick, accusati, scherzosamente (?), di essere degli scioperati nullafacenti, sfoderando la sua nuovissima e abbacinante dentatura e con un filo di rassegnazione, ci ha ricordato che ormai sta diventando anziano e ha bisogno di riposare le sue stanche membra sorseggiando del tè bollente. Ci ha poi spiegato il significato di una simpatica espressione, brain fart, scaricando ovviamente tutte le colpe del guasto su chiunque, dal tecnico del suono al bigliettaio della metro.
Insomma dopo 4 concerti sono arrivata alla conclusione che:
- la mia band ha creato un piccolo capolavoro che si chiama Never Let Me go;
- il mio cantante è sempre più affascinante e non ha perso né l’uso della parola né la sottile cattiveria;
- il mio cantante ha dei nuovi tatuaggi uno più brutto dell’altro e spero arrivi in fretta l’inverno così si vedranno meno;
- il mio cantante indossa gli occhiali da sole anche al chiuso e spero che presto prendano la via della rumenta.
- Il sequestro dei telefoni NON funziona. Imboscare un cellulare sarebbe stato facile come rubare un gelato Sammontana a un intollerante al lattosio. Non c’è sacchetta, controllo o antitaccheggio che tenga. Quello che veramente ha scoraggiato chiunque dal fare anche soltanto una foto ricordo è stato il timore che Brian potrebbe farti fare una figura di merda di portata mondiale facendoti un panegirico sull’uso improprio dei cellulari e apostrofandoti con epiteti degni del peggior cecchino in circolazione.
Ma veniamo a noi!
Dopo questo “breve” excursus sul passato, guardiamo al futuro.
A meno di altre catastrofi mondiali, naturali o meno, il blog riprende a viaggiare in una veste del tutto nuova, più ironica, più fumettosa e più immediata.
I racconti saranno brevi e le mie avventure di groupie anziana saranno affidate alle matite di un eccellente disegnatore che si chiama Patrizio Genna (lo trovate anche su Instagram, guardate che cose belle che fa: petroks_art) di cui trovate un primo assaggio qui sotto e che mostra una me del futuro molto realistica!
E non è finita qui, tra poche settimane inizierà anche una collaborazione super figa con la mia cuoricina preferita: Deicuoristudio_playlist (andate a vedere la sua pagina Instagram perchè sta creando qualcosa di meraviglioso e molto placebico)!
STAY TUNED AND
…
WITHOUT GREED, WITHOUT PRIDE
SHOUT I'M ALIVE, I AM ALIVE!
Che bello che sei tornata!
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