American Dream o America Horror Story?



Dopo una pausa di qualche mese, non dai concerti ma solo dal blog, ritornano sui vostri schermi le dis(avventure) della groupie più attempata e sfigata del pianeta in una location davvero insolita: gli Stati Uniti. 


L’ultimo post di OnTheRoad4Love risale alla data di Varsavia del 17 ottobre scorso. Poi ci sono state le date di Milano, Zurigo, Varsavia, Lussemburgo, Portsmouth, Brighton, Liverpool, Londra, Leicester e Leeds durante le quali ho assistito a concerti molto belli (alcuni di più, alcuni di meno) e a delle situazioni nel fandom che definire imbarazzanti sarebbe veramente usare un eufemismo. Se da una parte ho incontrato persone estremamente gentili, generose e gradevoli (le tre G fondamentali non solo ai concerti ma nella vita quotidiana) per contro ho assistito a scene veramente indegne che mi hanno fatta appendere il blog al chiodo perché non sapevo trovare le parole per descrivere la bassezza di determinate azioni e persone.

Metteteci pure due omicidi, uno a Milano e uno a Londra. 

Metteteci pure la défaillance del nostro cantante che, poveretto, è stato spremuto come un limone di Sorrento in piena estate.

E il piatto è servito, un boccone piuttosto amaro devo dire.

Mi scuso con tutte le persone che mi hanno scritto in privato per chiedermi delle sorti del blog e, anzi, le ringrazio dal profondo del cuore per l’affetto dimostrato a me oltre che alla band.

Purtroppo chi mi conosce sa che ho bisogno a volte del mio tempo per rimettermi in sesto ma ora, riassemblati i cocci, mi lancio (con alcune fedelissime e, miracolo, anche con il marito) in un’avventura oltre oceanica, lasciando a casa le mie tre povere creature pelose, una serie di casini ma rigorosamente NON il lavoro… questo a beneficio di chi dà per scontato che io sia, nell’ordine, un’ereditiera, una mantenuta o una stipendiata dalla band. La risposta è no, purtroppo sono solo una partita Iva, pure di quelle un po’ sfigate. 


Vita ordinaria di una P.Iva in tour

E questo è il racconto di cosa ci ha riservato Philly! 

Innanzitutto, acqua.

Tanta acqua.
Tanta, tanta acqua.
Talmente tanta che se fosse partito l’acquaplaning, ci saremmo trovati seduti direttamente al centro della City Hall.
La colonna sonora perfetta per questa città è ovviamente un mix tra Gonna Fly Now e Secret (vi dico solo Rocky e Pretty Little Liars, i veri unici due motivi, insieme alla Liberty Bell per cui ho scelto questa data): cupa, buia, fredda e ventosa. Insomma un clima perfetto per dei caldi cuori mediterranei in trasferta!

Cose che ho imparato visitando la città:

Se tira vento l’ombrello può trasformarsi in un’arma micidiale, meglio avere un cappello anti pioggia;

Sempre se tira vento, il suddetto cappello sarebbe meglio avesse dei lacci da legare saldamente sotto il mento per evitare di doverlo inseguire per mezza Philadelphia bagnandovi i pantaloni fino al ginocchio e strisciando sotto le macchine per recuperarlo (true story);

Se non siete nel Market District difficilmente troverete un supermarket, un minimarket, un negozio a gestione famigliare qualsiasi. Se rimanete senza acqua, avete diverse alternativa: chiedere al vicino di casa, stare sotto la pioggia con la bocca aperta, sfidare il cagotto e bere l’acqua del rubinetto oppure (la più semplice) prendere la metro e andare in centro. Non tentate di cercare negozi autonomamente perché potreste girare per ore, senza risultato. Alla fine avreste sete e sarete pure incazzati (another true story);

A tal proposito, non fidatevi MAI della geolocalizzazione dell’iPhone perché ha un margine di errore di circa due chilometri;

La metro sembra sopravvissuta a una guerra nucleare, prendere i biglietti con la carta di credito sembra un’impresa titanica ma spesso i controllori impietositi vi fanno viaggiare gratis. I tempi di attesa variano dai 10 minuti alle 7 ore con picchi di MAI. Meglio un taxi, non economico ma almeno vi porta a destinazione. Tra Uber e Lyft meglio la seconda, per lo meno l’autista vi trova, con Uber non è detto.

Cose da vedere:

la Liberty Bell: mezz’ora di coda per una campana rotta? Anche no. Si vede da fuori e la storia la trovate su Wikipedia. Naturalmente l’ho scoperto troppo tardi;

Passeggiata sul lungo fiume: bella ma se vi scappa la pipi siete rovinati perché siete solo voi, i club di canottaggio (chiusi) e i fiume, il cui scorrere delle acque in una situazione del genere non aiuta;

La scalinata di Rocky, la statua di Rocky, il murales di Rocky e le piastrelle di Rocky: praticamente la celebrazione di un personaggio inventato. Rocky sta a Philadelphia come Topolino sta a Disneyland. Onore al merito per le mie socie che hanno fatto la scalinata di corsa e sotto la pioggia. Io però ho fatto il video;

In cima alla scalinata c’è il Philadelphia Museum of Art: pezzi interessanti, organizzato molto bene al modico prezzo di 25 dollaroni;

Eastern State Penitentiary: inquietante ma gratuito. Gli italiani ne escono bene, Al Capone aveva la cella più figa di tutte;

Casa di Edgar Allan Poe: ci ha vissuto un anno e ci hanno fatto un museo… però fu un anno molto intenso. Bel merchandise, il ranger simpatico, calamite trash: imperdibile!

Cibo e affini:

Se volete assaggiare i cheesesteak tipici da Geno’s o da Pat’s King sappiate che si mangia all’aperto, che è meglio munirsi di contanti, che la Coca alla spina è in realtà un litro di Pepsi e che la zigrinatura delle patatine non è panatura ma olio rappreso. Comunque, tutto molto buono. Soprattutto se avete camminato oer ore.

Non prendete, ripeto NON prendete, i cannoli che vengono spacciati ovunque come delizia italiana: la crema è un mix letale di mascarpone e ricotta finta e l’involucro ha un inquietante sapore di cassetto Ikea e la croccantezza del piombo fuso.

Se ordinate del cibo cinese a domicilio e siete in 4 prendete una porzione da 1. Il riso arriva in un innocuo contenitore di carta ma è talmente compresso che quando lo aprite esplode e si trasforma magicamente in un quantitativo pantagruelico.

Se volete dei consigli seri su dove mangiare contattate mio marito perché pare che, mentre io mi nutrivo con due tic tac al sapore di dentifricio (sono verdi e il sapore è wintergreen. Non so cosa sia, ma è molto simile al Colgate) contorcendomi su una transenna, lui si sia scofanato un filetto, un’aragosta, dei tacos e una torta al cioccolato.

Cosa ho imparato dal concerto dei Placebo a Philadelphia:

In centro ci sono diverse venue per concerti ed eventi molto belle. Se però state andando a vedere un concerto dei Placebo, scordatevele e concentratevi sui capannoni dismessi in periferia;

Il pubblico americano non ama le code e se ne frega del meteo sfoggiano sandali e canotte durante il diluvio universale. Del resto, siamo pur sempre quasi a maggio…;

La security americana ti controlla i documenti per verificare che tu abbia 21 anni e poi ti marchia indelebilmente: è il tuo lasciapassare per il bar. L’operazione riguarda tutti indistintamente, anche quando i segni del tempo (parecchio) trascorso sono inequivocabili. Io ho comunque apprezzato;

La security americana fa quel che promette: se ti dice che una porta apre prima, è vero;

La security americana ti scannerizza prima il quick pass;

La security americana controlla e fa entrare una persona alla volta;

La security americana mi piace molto!

90 volte su 100 i Placebo toppano la scelta della support band. E questa volta non fanno eccezione. Ma prima di formulare un giudizio più accurato aspetto di sentirli meglio;

Cinque mesi di astinenza da concerti ti rendono cieca e ti fanno vedere tutto bello, glitterato e scintillante. È tuttavia evidente che la mia band ha un problema tricologico piuttosto diffuso visto che almeno 3 membri su 6 al momento sfoggiano sul capo animali morti o agonizzanti di varie specie;

Percuotere con veemenza una chitarra può rivelarsi un’attività pericolosa. Lo sa bene Brian che alla fine di SOTC si è ritrovato con una mano sanguinante. E il poverino, oltre all’evidente dolore lancinante e alle strisciate ematiche lasciate sulle chitarre, non si dava pace continuando a osservare e succhiare (eh, già…) la parte ferita, e facendo gesti inconsulti sulle retrovie per farsi medicare. Purtroppo la cosa non è andata a buon fine dal momento che il cerotto è durato il tempo di due accordi. Ora, Brian, se non hai nessuno che ti sappia mettere un cerotto, io ti ricordo che le italiane, donne previdenti e lungimiranti, girano sempre con un medico al seguito. Così, a titolo informativo…

La leggenda che Brian Molko sia più ciarliero in USA è assolutamente vera. Ha raccontato aneddoti etimologici su Philadelphia, ha dedicato Happy Birthday al fratello (come ormai tutti sappiamo, purtroppo prematuramente e recentemente scomparso), ha scherzato sulla complessità della sua pedaliera e si è profuso in sorrisi e ringraziamenti;

Entra in scaletta la canzone più inutile dell’intera discografia placebica: Come Undone. Non bella, non brutta: inutile. O per lo meno cosi pensavo prima di sentire la versione live infarcita di sospiri e ansiti. Indovinate cos’è la mia nuova suoneria?

Brian Molko seduto sulla pedana della batteria e gambe larghe che osserva il pubblico sogghignando è uno spettacolo per cuori forti e pavimenti pelvici allenati. Consiglio una pastiglia di Sequacor prima dello spettacolo.

Continua la saga Brian Molko Cuore di Panna per i Bambini: se vi trovate tra un bimbo e l’asta del microfono potete crogiolarvi nell’illusione che vi sorrida con gli occhi a cuoricino. In realtà non è cosi, ma sognare non costa nulla.

Stefan è sempre più alto e fisicato. Ma un dubbio mi attanaglia: per quale motivo si deve bloccare la circolazione delle braccia con del nastro isolante? Lui comunque è un cuore di panna con i fan davvero.

45 dollari per una maglietta: cioè, ma davvero?

Nota a latere: per tutti quelli che mi hanno chiesto: “Ma vi hanno riconosciute? Vi hanno salutate? Ringraziate? Baciate?” La risposta è no. Ovviamente no, oserei dire!

Giudizio complessivo su questa prima data: EE. I potteriani capiranno.

Next Stop: BOSTON!























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