“Credo che Dio abbia fatto Boston in una domenica piovosa.”

RAYMOND CHANDLER

E io credo che si stesse anche molto, molto annoiando!



Cose che ho imparato visitando la città:

- Il famoso stratagemma dell’abbigliamento a cipolla non serve a una mazza fionda perché per far fronte a tutti i cambiamenti metereologici che affronterete in poche ore dovreste mettervi addosso tutto il guardaroba. Pioggia, vento, nevischio, acqua nebulizzata, freddo, freddissimo, sole, caldo, umidità ma senza pioggia, umidità con pioggia, raggio lunare e arcobaleno di cavallette: tutto questo a Boston può succedere in pochissimi minuti. O metri… Non è strano trovarsi davanti a un cielo apocalittico e aspettarsi il suono del Corno di Gabriele che apre le porte dell’Inferno e vedere nello stesso tempo riflesso nelle vetrate di un palazzo un cielo terso in cui svolazzano cinguettanti gli uccellini che vestono Biancaneve;

- A Boston il geo localizzatore funziona un po’ meglio rispetto a Philadelphia ma è sempre meglio mettersi sulle strade principali per essere certi di essere raccolti dall’autista giusto; 

- Il reticolo delle superstrade di Boston è stato disegnato da qualcuno che faceva uso pesante di stupefacenti e pensava di giocare a Super Mario Kart, altrimenti non si spiega il fatto che anche i tassisti si perdano con una facilità disarmante;

- Se diluvia, ci sono 6 gradi e voi siete vestiti con piumino e cappello e aggrappate a un ombrello, non stupitevi di sentirvi osservate come foste degli animali rari. Soprattutto se vi trovate vicino a un centro sportivo in cui si è appena svolto un torneo di pallavolo. Ragazzine in micropantaloncini, gambe nude e ciabatte con il pelo a voi potranno anche sembrare pazze, ma vi assicuro che il pensiero è reciproco;

- In stazione non esiste il deposito bagagli. Ripeto: in tutta la stazione non c’è un deposito bagagli. Cosa che credo ci sia anche alla stazione di Novara. E siamo a Boston… Ma qui no, se vuoi mollare la valigia, ti tocca andare nella lavanderia Allegro, gestita da una signora cinese che se non prenoti con la App giusta è capace di buttarti nella prima lavatrice disponibile e azionare il programma centrifuga veloce.

Cose da vedere:

- La statua di Edgar Allan Poe (ancora? Ancora!). Si trova vicina al deposito bagagli Allegro e a un centro informazioni in cui potete recuperare una cartina gratuita;

- Una volta in possesso della cartina gratuita, se avete a disposizione solo poche ore di permanenza in città, seguite il Freedom Trail e, camminando di gran carriera potrete farcela in circa 4 ore; 

- Attraversate il parco e fate amicizia con gli scoiattoli che sono molto friendly (trad. hanno fame), a destra incrocerete una splendida opera di arte contemporanea: mi dicono siano due braccia intrecciate. Ne prendo atto;

- Camminate sempre con il naso all’insù perché il panorama dal basso è molto bello: grattacieli e chiese, case da film in mattoni e palazzi in vetro;

- Esplorate le vie e incantatevi davanti alle abitazioni: lungo i viali alberati vi imbatterete in casette tipicamente inglesi, che costano quanto un set completo di organi vitali e che vi faranno rodere di invidia;

- Nel quartiere italiano tenete gli occhi ben aperti perché sicuramente troverete un esercizio commerciale che porta il vostro nome: il mio è stato destinato a un ristorante-caffè specializzato in vino e birra, caffè e Sambuca, cappuccino e gelato…  Coincidenze? Io non credo;

- Boston passione Paul Revere potrebbe essere un nuovo avvincente gioco di società: a questo individuo hanno dedicato di tutto: case, libri, auto, fogli di giornale e persino un orinatoio pubblico. Potete visitare la sua casa, ma visto che Boston è stata rasa al suolo, dubito sia autentica;

- Disseminati per la città trovate dei piccoli musei a cielo aperto protetti dalla tecnologia più avanzata (delle lastre in vetro temperato). L’approccio è decisamente americano: questi scavando riesumano una musicassetta degli A-Ha del 1985 e ci fanno intorno un memorabilia che parte dalle origini della musica sinfonica e arriva fino alla trap. Noi scaviamo in giardino per piantare un melo e troviamo un’anfora etrusca: la portiamo in casa e ci mettiamo dentro due fiorellini…

Cibo e affini:

- Per colazione non fatevi scappare un babka da Bakey. Sembra uno scioglilingua ma in realtà è un piacere assoluto per il palato. L’origine di questa delizia è polacca e ucraina, da quel che ho capito, ma loro la fanno molto bene! È una specie di cinnamon roll a cupoletta che si scioglie in bocca. Ci sono varianti di tutti i generi, con la vaniglia, con il cioccolato, con le noci pecan e, addirittura, con le melanzane. Se poi siete delle fogne come la sottoscritta, metteteci a fianco un bagel farcito di una leggerissima insalata di uova, maionese, capperi e piselli e chiamate un medico. In questo posto fanno anche un caffè molto buono. Di tè, invece, ve ne danno un litro bollente…

- La vera, immensa, impareggiabile goduria papillica di Boston sono i lobster roll. Da Luke’s sono eccezionali: grassi, unti, grondanti di burro e colesterolo. I gradi di zozzeria sono diversi: dal roll plain, semplice e con solo mezzo panetto di burro, a quello con il warm butter che prevede un doppio strato di burro, all’apoteosi con spicy honey butter: un burro al miele piccante che avvolge tutta l’aragosta. Se scrivo ancora una volta la parola burro, mi ricoverano. Ogni panino contiene un’aragosta intera, ma c’è anche la versione XL. Ah, le bevande sono bio!

Cose che ho imparato dal concerto dei Placebo a Boston:

- Se ci sono dei lavori in corso, dei palazzi sventrati, delle strade bloccate, dei disagi di qualunque tipo, state sereni: la venue del concerto sarà sicuramente lì (che poi questa dentro era anche bella!);

- Boston è piena di ristoranti di ogni genere e nazionalità, adatti a soddisfare le esigenze di tutti, anche di un respiriano. Ma, per i motivi di cui sopra, voi chiaramente sarete nell’unica zona priva di luoghi di sostentamento mangereccio. Se in più diluvia (e diluviare è un eufemismo perché anche Noè si sarebbe trovato in difficoltà) avete due possibilità: pagare 19,99 dollaroni di spese di consegna al McDonald che si trova a 800 metri oppure…

- Oppure farvi fare una pizza dal bowling di fronte. Un posto che vanta una puzza di piedi letale e una cordialità da fare invidia ad Hannibal Lecter. La pizza in compenso non è repellente ma la mossa geniale del cameriere che evidentemente vuole uccidervi è quella di darvi la Coca Cola piena di ghiaccio: non sia mai che possiate beccare un colpo di calore a causa di quei 6 gradi di temperatura esterna; 

- Anche a Boston non amano fare coda e se ne infischiano del meteo. Io, bardata come un’esploratrice inesperta, osservavo con sconcerto persone in pantaloncini e maglietta, vestitini a fiori che io sfoggio ad agosto, infradito e calze a rete. A parte il pessimo gusto in fatto di moda, è evidente che questi hanno una termoregolazione tarata sul circolo polare artico. Io no;

- Anche a Boston la security scannerizza prima il quick pass, poi il biglietto e poi fa passare una persona alla vota sotto il metal detector. Anche a Boston la security è anni luce sopra quella italiana che ha ancora la pessima abitudine di gestire l’ingresso ai concerti come l’apertura dei cancelli alla corsa dei tori di Pamplona;

- A Boston la security è particolarmente preoccupata di evitare che i minorenni si avvicinino agli alcolici. Al di là del fatto che i fan dei Placebo sotto i 21 anni si contano sulle dita di una mano, sappiate che non basta un documento qualsiasi ad attestare che siete nati ben prima del 2001, e nemmeno le rughe sono sufficienti. No, se non avete il passaporto venite marchiate con due belle X sulle mani e bandite per sempre dai bar. E non pensate di cancellarle, perché ovviamente si tratta di pennarelli indelebili. Insomma, astemi per forza;

- A un concerto dei Placebo può anche succedere che ti trovi dall’altra parte del pianeta e dietro di te incontri un ragazzo di Torino. Con una simpaticissima moglie spagnola che, come potete immaginare, ha lasciato con gioia Barcellona per vivere a Boston dove l’inverno dura sette mesi. E con un ragazzone Venezuelano che ha studiato a Perugia. Poi dicono che non è vero che gli italiani lasciano il segno…

- Ho provato la mia prima toilette gender neutral, semplicemente perché non c’era alternativa. Ora, a me francamente non interessa nulla, ma forse non tutti gradiscono uscire dal bagno e trovare degli sconosciuti alle prese con degli orinatoi;

- Questione gruppo spalla: un enorme, immenso BOH. Ho perplessità su tutto ma in questo frangente soprattutto sul look. Diciamo che lei è piuttosto bellina ma un paio di mutande rosse sfilacciate, indossate su un collant glitterato tutto rotto e un paio di stivaloni di plastica non incarnano nemmeno lontanamente il mio personale concetto di abbigliamento seducente;

- Se qualcuno pensava che in America, oltre a sciogliere la lingua, Brian avrebbe sciolgo anche il veto sui cellulari, be’, si sbagliava di grosso. Anzi, anche i fotografi vengono ripresi se si avvicinano troppo. Però alla fine, posati gli strumenti, qualche foto si può fare anche dalla prima fila. Il che, a mio avviso, è più che sufficiente;

- Sul look c’è ben poco da dire: gli animali depositati sulle teste di alcuni membri della band stanno sempre peggio. C’è da sperare che non li facciano soffrire troppo e se ne liberino velocemente;

- Brian dà il benvenuto nella città di “Bastan” e ricorda con nostalgia quando suonarono qui per la prima volta davanti a ben 8 persone, di cui due erano i baristi. Bei tempi, non c’è che dire;

- Happy Birthday è dedicata di nuovo al fratello il cui compleanno sarebbe caduto il primo maggio e i days del testo diventano tears. Non so dietro come fosse la situazione, ma la prima fila era ammutolita davanti alla commozione evidente di Brian che, giuro non so come, è riuscito a farsi sfuggire solo una lacrima;

- Anche Bionic subisce dei significativi cambiamenti. None of you can make the grade diventa Some of you can make the grade e culmina in un Some of you can get me laid. La lista dei volontari è ufficialmente aperta, si prega di munirsi di apposito numerino come al reparto panetteria;

- Da ultimo anche Fix Yourself subisce un cambiamento, impercettibile. Efface myself diventa Erase myself. Così, per simpatia;

- Matt ci dà una grande lezione: se il tuo cantante tende un filo mentre passi con il chiaro intento di farti cadere, la prima e unica cosa che devi fare è voltarti immediatamente e chiedere perdono per esserti trovato a intralciare il sacro filo. La colpa è sempre e comunque tua. Se per chiedere venia gli allunghi anche una sigaretta, meglio ancora;

- Permane invece il dubbio dul nastro isolante blocca circolazione che sfoggia Stef, Stavola nero. Rosa mi sembrava più fashion, comunque;

- 45 dollari per una maglietta: cioè, ma davvero? Scusate, ma non me ne faccio una ragione…

Giudizio complessivo su questa seconda data: meglio della prima!

Next stop: WASHINGTON!


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