PARIGI – 29 NOVEMBRE 2016
“And in that moment, I swear we
are infinite” [cit. S. Chbosky] (ovvero di quando arrivi a un concerto
malmenata e surgelata e ne esci innamorata)
Planning: “Parigi sarà una
toccata e fuga. Ufficio, aereo, nanna, concerto, nanna, aereo, ufficio (una ring composition perfetta insomma)!”
E invece...
Tralascio il fatto che
sull'aereo vengo colpita in testa proditoriamente da un cellulare caduto dal
vano bagagli sopra di me. Tralascio
inoltre il fatto che questo piccolo incidente fa partire dal mio telefono The Bitter End a tutto volume (evviva i
pronostici bene auguranti! Non sarete mica superstiziosi vero?)
Tralascio altresì il fatto
che il tizio seduto dietro di me litiga in maniera piuttosto accesa e
maleducata con la hostess per via dei bagagli (oh bellino se come bagaglio stai
cercando di imbarcare bauli di epoca vittoriana straripanti di profumi e vecchi
merletti, forse devi cedere al fatt che anche gli altri passeggeri vorrebbero
stipare i loro zainetti... Vogliamo farla finita e far partire questo coso per
favore?)
Tralascio infine il fatto che
la mia vicina è tanto bellina ma continua a mangiarsi le unghie producendo un
suono fastidioso quant’altri mai, che fa schizzare alle stelle la mia
proverbiale misofonia. Il tutto per un'ora e mezza.
Non posso tuttavia tralasciare il monito di qualche giorno
fa: non ignorare i segnali del fato. E questi erano anche tutti abbastanza
chiari: questa Parigi non sarebbe stata una passeggiata.
Scendo dall'aereo con una fame
pantagruelica: mi mangerei 12 muffin, un bel croque monsieur grondante di
grassi, gli avanzi del tacchino del Ringraziamento, case, libri, auto, viaggi,
fogli di giornale e chi più ne ha, più ne metta.
Per cui, guidata dal naso e
dalla pancia, vago per l'aeroporto in cerca di cibo finchè non mi imbatto in un
posticino dall’invitante nome di “Brioche Dorée”. Faccio diligentemente la fila
e ordino. La tizia alla cassa alza la testa, mi fissa, fa una pernacchia (avete
mai notato che molti parigini spernacchiano con la stessa frequenza con cui il
mio cantante dice "Y'know", quindi spessissimo?) ed esordisce con un "Putein"!
Ora, il mio livello di francese
non è nemmeno scolastico. È nullo. Ma ho il sospetto di aver intuito
l'affermazione. Mi guardo in giro con un'espressione vagamente ebete perché è
chiaro che non può dire a me.
E invece... questa ce l'ha
proprio con me! Si tira su come un cobra (ha anche lo stesso sguardo inquietante
ora che ci penso...) e mi scarica addosso una sequela di quelle che sospetto
non essere parole di affetto. La gente ci fissa allibita, ma io letteralmente
non capisco una mazza fionda di quello che sta succedendo. E più io le dico che
non capisco, più questa di inferocisce. Fino a che non mi molla un ceffone.
Giuro. Uno schiaffo in piena regola come non ne pigliavo da anni e anni. E non
mi ricordavo facesse così male. Mi gira anche un po' la testa ma forse è perché
riesco solo a pensare a due cose:
1. Un occhio nero no. Ti prego.
Già ho le occhiaie perenni. Anche l'occhio nero da cazzotto no.
2. Come minchia lo spiego a mia
madre? E a mio marito? E a Brian??? Ommioddio, il concerto con un occhio pesto
NO!
La situazione ha del surreale.
Alla fine grazie all'intervento provvidenziale di un ragazzo spagnolo riesco a
capire che la tizia mi ha scambiata per la tipa che le ha fregato il fidanzato
due settimane prima. Il fedifrago l'ha mollata da sola con due gatti, un cane e
7 tartarughe per scappare con un'araba conosciuta su internet.
Ora, va bene tutto, va bene
essere accecati dalla rabbia, dall'amore e dalla miopia: MA CAZZO, TI SEMBRO
ARABA????
Questo tour comincia a diventare
pericoloso, oltre che faticoso...
Insomma, sventato il
licenziamento della tizia che piangeva a profusione (sospetto più per la paura
di perdere il lavoro che non per avermi rifilato una centra degna di Tyson),
vado in albergo pregustando già un tramezzino, una birra, una piega ai capelli
e il letto.
E invece... il filo della
piastra non arriva allo specchio! Maccheccazzo... altro? Prendo in
considerazione l'idea di presentarmi con un'acconciatura futurista ma poi, si
sa, la necessità aguzza l'ingegno, e così decido di usare la splendida finestra
che da sull'Accor Arena per dare una forma umana ai miei capelli... e, se non
ci riesco, al massimo comprerò un cappello.
Dulcis in fundo: ho dimenticato
gli occhiali a casa. Quindi domani sfoggerò anche un fantastico sguardo miope-fintoseducente
alla Marilyn Monroe. Per fortuna ho comprato la tisana calmante. Scade a
ottobre 2017. Per come stanno andando le cose non credo che la confezione
arriverà a domani e anzi credo che comincerò a succhiare le bustine a crudo...
Arrivo in fila a un’ora per me
antelucana, ma ormai è chiaro che c’è un solo uomo al mondo che riesce a
buttarmi fuori dal letto alle 6 del mattino senza farmi provare il desiderio di
sterminare la razza umana. Sterminio che, per altro, sospetto avverrà in ogni
caso a breve a causa del freddo POLARE che c’è in questa diavolo di città. Per
dire, le temperature ad Aarhus ieri erano più alte. In Norvegia quindi… Ho più
strati addosso io che un mazzo intero di cipolle di Tropea…
Una fila di 11 ore con questo
freddo ti fa riflettere a lungo su molte cose. Principalemente ti senti
un’imbecille da competizione perché:
- nonostante
tu sia arrivata alle 7 hai 20 persone davanti;
- sei
in una delle città più belle del mondo e, al di là del fatto che già la
conosci, potresti fare una passeggiata sui famigerati Champs-Élysées alla
ricerca del computer di Molko gettato alle papere, anziché stare qui a
congelarti le chiappe nel Nullistan;
- hai
pure una certa età e sicuramente non sei in grado di competere nella corsa con
i giovani virgulti. Già le tue prestazioni atletiche non erano brillanti a 20
anni, figuriamoci dopo 11 ore al gelo: il tentativo di metterti a correre
potrebbe costarti la perdita di tutte le dita.
Alla fine, dopo disquisizioni di
varia natura su quanto può diventare idiota una fan quarantenne alle prese non
con la menopausa ma con la sindrome da fangirl tardiva, finalmente aprono le
file. “State calmi, non correte” (ma dove vuoi che vada che ho due blocchi di
marmo al posto dei piedi?), cominciano i controlli… Ennesima puntata della
serie CAPITASOLOAME: la tizia della security che deve palpeggiarmi perde la
cravattina color glicine della divisa. Ecco un estratto del dialogo al limite
della fantascienza tra lei e il collega:
Crew1: “Guarda, ti è caduta la
sciarpa!”
Crew2: “Ah accidenti. Maledetta
schiena, ora la raccolgo”
Crew1: “Ma ancora senti male?
Non eri andata dal medico?”
Crew2: “Sì ma guarda, niente da
fare, devo fare fisioterapia”
Crew1: “Eh capisco. L’ho fatta
anche io l’anno scorso. Se vuoi ti passo il numero”
Crew2: “Magari, grazie. Ora dove
la metto la sciarpina?” (vuoi davvero che te lo dica????)
(potevano andare avanti
all’infinito: “Che peso la spesa” “Con queste scarpe poi!” “Non avevo più
Saronno, si figuri!”)
Io giuro che non piango solo
perché ho ancora un minimo di dignità e non voglio sprecare isorse idriche… Ci
saranno già dentro non so quante persone e questa è qui che disserta sul mal di
schiena e scruta nella mia borsa come se dovesse trovarci il Sacro Graal: è
vuota! VUOTA! Un biglietto, un burrocacao e un cellulare: quanto tempo ti ci
vuole a vederli???
E poi: il miracolo. Oddio,
miracolo… il mio angelo personale ha un nome e un cognome e mi ha tenuto un
posticino e non la ringrazierò mai abbastanza e soprattutto si è fatta
malmenare e a te, buzzurro enorme e manesco che te la prendi con giovani
donne indifese, auguro potente cagarella senza carta igienica. Anche la mia
socia ha il suo angelo personale (che forse l’ha confusa con qualcun'altra ma
al momento è irrilevante) e alla fine siamo in un posto perfetto sotto al
micromicrofono…
Una volta che sei arrivata in transenna, la vita ricomincia. Ti sistemi, correggi delle bozze di un libro, intavoli una discussione sulla comparazione dei metodi scolastici italiani e svizzeri (perché una fan dei Placebo non è solo una squinternata dallo sguardo spiritato e i geloni a mani e piedi. Una fan dei Placebo è anche una donna al passo con i tempi, che ama la cultura e affronta la vita lavorativa con il famoso cipiglio manageriale): il tempo prima dell’esibizione dei The Joy Qualcosa deve pur passare.
Una volta che sei arrivata in transenna, la vita ricomincia. Ti sistemi, correggi delle bozze di un libro, intavoli una discussione sulla comparazione dei metodi scolastici italiani e svizzeri (perché una fan dei Placebo non è solo una squinternata dallo sguardo spiritato e i geloni a mani e piedi. Una fan dei Placebo è anche una donna al passo con i tempi, che ama la cultura e affronta la vita lavorativa con il famoso cipiglio manageriale): il tempo prima dell’esibizione dei The Joy Qualcosa deve pur passare.
Io non li amo. Io volevo i
Mirror Trap. Ma questo è il loro ultimo show: evviva anche loro ci regalano una
gioia!
Cominciano a montare il palco
per i nostri: operazione stasera quanto mai difficoltosa. Loschi figuri provano
i microfoni e incollano scalette al pavimento cantando Smell Like Teen Spirit
con la stessa intonazione di un orso ubriaco. Poi, per strane ragioni, un tizio
disegna con dello scotch verde fluo due enormi croci sui cassoni daventi a noi.
E poi montano una specie di scala con un altro cassone… Insomma: una specie di
pedana accrocchiata seguendo tutte le norme di sicurezza più stringenti. Io ho
un sospetto terribile: non vorrete per caso far salire il mio cantante lì sopra, vero? E se scivola? E se le cinghie non tengono? E se non vede le croci (be’
oddio le vedrebbe anche una talpa miope…) e cade di sotto?
Minuti
frenetici e poi comincia. Quando entrano capisci già che la serata sarà
piuttosto calda: Stef è in versione farfallone e Brian indossa i pantaloni del
peccato originale (quelli brutti brutti con le cerniere che gli cadono tanto
male).
In realtà fa molto freddo, ma quando il tuo cantante si presenta sul palco con una magliettina sottile sottile e scollata e un gilet che sicuramente non è un nuovo acquisto, la cui tela quindi risente un po' dell'usura, ecco, in quell'esatto momento, da buona lady posseduta dallo spirito di un camionista slovacco, rivaluti il freddo polare e soprattutto i suoi effetti sul corpo umano.
In realtà fa molto freddo, ma quando il tuo cantante si presenta sul palco con una magliettina sottile sottile e scollata e un gilet che sicuramente non è un nuovo acquisto, la cui tela quindi risente un po' dell'usura, ecco, in quell'esatto momento, da buona lady posseduta dallo spirito di un camionista slovacco, rivaluti il freddo polare e soprattutto i suoi effetti sul corpo umano.
Va tutto molto bene, loro sono in forma anche se oggettivamente e comprensibilimente un po’ stanchi. Brian non parla molto ma in compenso sfoggia due ricciolini sbarazzini, sputacchia come un lama in ipersalivazione e suda come se fosse in un forno a legna (in tutto questo Stef è in giacca e il completo non è neppure sgualcito…) A corollario dell’affermazione VA TUTTO BENE, bisogna dire che stare lì davanti, il quella specifica posizione, è solo per persone coraggiose, dal cuore forte e dai buoni bicipiti. Perchè sei tra due fuochi: 10000 persone addosso che ti spingono e gli occhi di Brian Molko. E vi assicuro che non è la folla la cosa più difficile da sostenere.
“Benvenuti alla nostra festa di compleanno”, “Siamo felici di
essere qui”, “Grazie a tutti di essere venuti”: lo show procede come da copione
fino a LAZARUS. Comincia la sessione: A LEZIONE DI ANCHEGGIAMENTO E POLSO MOLLE
DA BRIAN MOLKO: il modo fluido e vagamente ipnotico con cui si muove, la
nonchalance leggermente infastidita con cui imbraccia la chitarra concentrano
tutta l’essenza dell’uomo che non avrò mai e della donna che non sarò mai. Ho
visto modelle avanzare con meno grazia, ho visto musicisti strapparsi gli abiti
ed essere meno sexy, insomma ho visto cose che voi umani… http://imgur.com/rKlMZco
Da qui in poi non so esattamente cosa succeda, ma c’è un picco
ormonale ad altezza Everest. Il mio cantante decide di raccogliere una goccia
di sudore dal microfono. Con le labbra. E fin qui, niente di strano. Ma lo fa su
TOO MANY FRIENDS. E questo è altamente scorretto. Perché non te lo aspetti. Un
colpo basso, bassissimo. Questa è circonvenzione di incapaci e inebetite.
Questo è giocare a dadi con gli ormoni di povere fan semi assiderate.
Semplicemente, non si fa! In più, niente pippotto sugli smartphone e sulle foto:
cioè mi stanno crollando tutte le certezze e i punti fermi! I casi sono due: o
si è rassegnato alle foto o sta covando un super mega cazziatone per le prossime date. Io
lo so che un giorno scenderà, mi strapperà il telefono e mi schiaffeggerà. No
un attimo, REWIND. Scenderà, mi strapperà il telefono e mi farà schiaffeggiare.
Mai una gioia proprio... il telefono naturalmente se lo terrà.
Credo che sia questo il momento esatto in cui chi stava facendo
trattative di scambio parterre/tribuna per le prossime date ha definitivamente
abbandonato l’idea di lasciare la “fosse”. Perché, non dimenticate,
#latribunaèilmale!
I KNOW: Milano batte Parigi. Nessun teatrino, applausi standard.
Su dai, lo sappiamo tutti che lui si diverte a vederci spellare le mani e
lanciare le corde vocali (tradotto: la connessione che si crea con il pubblico
è fondamentale!)
E poi, il disastro. DEVIL IN THE DETAILS va ufficialmente
dichiarata cura per la fertilità. Il nostro si produce in una versione
particolarmente interessante, poco recitata ma molto coinvolgente. Insomma, LA
MADRE DI TUTTE LE RAVANATE (foto e link a seguire…), per giunta davanti al
figliolo. Il mio cantante è uno SCOSTUMATO. E, perdindirindina, questa cosa mi
piace moltissimo! ATTENZIONE: http://imgur.com/WKx5o02
Anche SPACE MONKEY non è da meno. O forse sono i tuoi ormoni che
ormai stanno cercando di chiedere asilo politico alla chitarra di Molko.
Nota su EXIT WOUNDS: direi che ci siamo. È una canzone sexy e
struggente che a me è sempre piaciuta molto. Ma ultimamente era davvero troppo
tirata, troppo recitata. Stasera siamo invece a un giusto compromesso. In media
stat virtus (anche se la virtus stasera ha deciso di farsi un giro altrove…)
Prime note di PROTECT ME: in sala non vola una mosca. Sembra che
tutti stiano trattenendo il respiro. “C'est
le malaise du moment”, e crolla Bercy. E tu anche. Perchè hai tutta Bercy
addosso praticamente. Ma va bene così… Sentire Protégé Moi vale tutto: tutto
il freddo preso, tutti I soldi spesi, tutto il sonno perso. PROTÉGÉ MOI VALE
TUTTO! Che poi il problema, almeno per quanto mi riguarda, non è tanto il
sentirlo cantare in francese. Cioè il problema di quest’uomo non è il francese.
Il problema di quest’uomo è che ha una voce talemente incantevole che ti
stregeherebbe anche se parlasse in bergamasco stretto delle valli.
36 DEGREES: addio. No addio davvero. Se già era una delle mie
preferite, se già mi piaceva l’arrangiamento dell’Unplugged (che ho pianto come
un vitello quando ero lì), se già l’abbassamento di voce su 1, 4 faceva
rabbrividire, ora da quando ha inserito 'sto benedettissimo DIRTY SEX finale io
mi sono compleatamente rincoglionita. Cioè so che ci sono locuzioni migliori
per spiegare gli stati d’animo (si raggiungono ottave di voci sussurrate che
accendono un fuoco nell’anima e la scelta squisitamente filosofica del
cambiamento del testo è assolutamente apprezzabile), ma la verità è che questa
cosa MI RINCOGLIONISCE E BASTA!
Minuto 3.19: https://www.youtube.com/watch?v=35hXE0s_qf0&list=PL9RSlP81za13K7i20C-omfQtsQWICrrzZ&index=9
Minuto 3.19: https://www.youtube.com/watch?v=35hXE0s_qf0&list=PL9RSlP81za13K7i20C-omfQtsQWICrrzZ&index=9
LADY OF THE FLOWERS: mi spiace quasi che qualcuno non getti un
mazzo di fiori sul palco come successe ad Amsterdam perchè lo sguardo schifato
e con una punta di disprezzo di Brian era impagabile.
E poi non lo so esattamente cosa succede ma tutta l’Arena
esplode in un applauso che sembra non finire mai. E loro ci godono, e
ridacchiano, e siete bravi, sì bravissimi. Dopo 6 minuti però anche basta
perchè se continua così io mi trovo a fine serata con una prima di reggiseno!
Finisce la parte malinconica. Comincia il pogo. Cioè tradotto:
facciamo in modo che la partecipazione del pubblico superi il volume della band
stessa e creiamo quella fantastica simbiosi bellissima, quell’euforia
collettiva.
La realtà è che si urla e si balla davvero tanto, c’è pogo, ma
poco. Eppure, senza un vero perché, comincia una sorta di morìa di fan.
Svenimenti a profusione, li portano via a mazzi e ogni volta rischi la vita. Di
persone che stavano davvero male forse ce ne sono state due, le altre volevano
solo sventolare lenzuola con scritte di dubbio gusto sotto il naso di Molko che
ha reagito nel modo che lo contraddistingue: indifferenza e sdegno.
SPECIAL K: qui sono d’obbligo le scuse. Purtroppo quando
spingono un po’ più del previsto, chi è davanti si trova ad assumere una posa
ben poco femminile, mettendo inevitabilemnte in mostra una generosa parte di
décolleté. Più che uno scambio di sguardi, ho avuto uno scambio di scollature.
E la cosa è stata particolarmente imbarazzante.
SONG TO SAY GOODBYE: quanto l’ho sottovalutata! Stasera anche
lei ha il suo bel perché. Si vede che tutto l’entusiasmo del pubblico ha
caricato il piccoletto come una molla! EVVIVA!
THE BITTER END: torna nel menù della serata la rotolata. Peccato
che il palco sia molto alto e quindi vedo solo due gambette che si agitano
stile scarafaggio rivoltato. Non è una bella imagine ma è molto Kafkiana!
Durante la pausa tutta l’Arena si illumina grazie alle torce dei
cellulari: flash mob scopiazzato da Milano (che però, se non erro risale alla
data di Mosca) ma di grande impatto. I nostri sono senza parole e qui finisce
in parità con i cugini d’Oltralpe.
Si chiude su RUNNING UP THAT HILL e Brian stasera continua a
guardare in alto: o ha visto una ragnaletela sui maxischermi e la cosa lo
infastidisce o ha la super vista e sta controllando che non piova… Però riesco
a fargli delle gran belle foto: scusami Brian!
Il mio cantante questa
sera era felice, alla fine dello show era MOLTO “FELICE” segno che #brianmolkotidisprezzamatitollera
Stef scende a salutare e dà ufficialmente inizio ai minuti più lunghi per
chi occupa la transenna. Quando me lo trovo davanti, più che stringergli la
mano mi aggrappo al suo braccio per sopravvivere perchè sono sballottata da
tutte le parti! Ho il terrore di cosa succederà quando scenderà Brian! In
realtà non mi accorgo di niente perché ho la gente in testa e quindi non vedo
nulla: so di avergli sfiorato le dita mentre passava ma è stata una cosa
del tutto involontaria e di cui ho solo una vaga memoria tattile.
E poi finisce.
E poi io ho solo 4 parole
per descrivere questo concerto: out of body experience!
Io lo so che per molti
Milano non si batte, ma Parigi se la gioca alla grande. E io, che non ci dovevo nemmeno venire, posso
affermare che questo è stato il MIO concerto.
Fuori non senti nemmeno
più il freddo, il tempo di due paperate deliranti e una birra tirata giù a
collo ed è già ora di impacchettare tutto per ripartire. La sveglia è alle 5
perché, sembrerà assurdo, hai anche una vita, una casa e un lavoro che ti
aspettano a Milano. E sei talemente stanca che ti chioedi se davvero ce la
farai a prendere la metro alle 5.30…
Eppure l’adrenalina non ti
fa dormire e, puntuale come non mai, aspetti il passaggio del primo treno per
l’aeroporto.
Peccato che, causa
incidente la metro non funziona. Ma del resto, dopo aver comprato compagnie di
trasporto di vario genere (mancano all'appello i navali ma per una comoda
trasferta in Messico ci si può pensare) e catene alberghiere, 50 euro di taxi
cosa saranno mai…
Nonostante io abbia
assistito qui a un EPICAL GIG, mia cara Parigi il nostro rapporto può ancora
essere migliorato… À la prochaine!
See you in Leeds.
Al best to come non posso
davvero più credere!
Piccola e solita photogallery: https://it.pinterest.com/fbosetti/placebo-paris-29-november-2016/
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