IBIZA – SANKEYS – 31 LUGLIO
Il piacere (si può dire con perfettissima verità) non vien mai se non inaspettato; e colà dove noi non lo cercavamo, non che lo sperassimo.
[Giacomo Leopardi, Zibaldone]
(ovvero di quando il tuo mondo comincia a girare sottosopra!)
Era il 19 giugno quando suonarono di nuovo le trombe dell’Apocalisse. Ero reduce dal concerto di Londra e mi stavo ingozzando di fave bollite sospirando rumorosamente come un opossum durante la stagione dell’amore, cercando di lenire il dolore provocato dall’infausta decisione di saltare la data di Kiev. Nel frattempo cercavo di convincermi che 3 settimane di stacco erano proprio quello che mi serviva, dissertavo sull’importanza di igienizzare ogni angolo della casa con detersivi fai da te a base di amido di mais e infuso di rosmarino e accarezzavo con tenerezza semi di nespole e di avocado spronandoli ad attecchire in vasi privi di terricci e affini. All’improvviso un post annunciò, con ironica nonchalance e crudele ingenuità, che il mio cantate
a fine luglio avrebbe fatto un dj set a Ibiza. Un dj set a Ibiza con Timo Maas. E questo
è un colpo non basso, questo è un colpo bassissimo. Innanzitutto perché in
tutti questi anni MAI mi è capitato di vedere un dj set di nessuno dei due. Poi
perché le collaborazioni con Timo sono in assoluto le mie preferite. E, last
but not least, mentre il tormentone estivo del 90 per cento della popolazione
mondiale quest’anno sono stati Baby K e Boomdabash (chi??????), noi è da marzo
che inspiegabilmente ci crogioliamo tra College 84 e First Day. Coincidenze? Io
non credo!
Tutt’a un tratto Kiev ha smesso anche di fare parte dell’universo mondo e io non sapevo bene se essere più commossa o emozionata. Tagliando la testa al toro e trangugiando un bicchiere di vino bianco, ho scoperto di essere commozionata. Ed è stata una bellissima sensazione!
Certo, se proprio vogliamo cercare il pelo nell’uovo, io detesto il caldo, il mare non fa per me, odio la sabbia e trovo che le discoteche siano un’emanazione satanica popolata da ubriaconi dalle mani troppo lunghe. Grazie Brian, splendido regalo. Avrei preferito uno spettacolo di Jodel in una baita lappone ma tant’è.
Le premesse, dunque, hanno la stessa positività di Mercoledì Addams il giorno di Natale, la prospettiva più rosea è quella di passare una serata in un locale di dubbio gusto, ascoltando del rumore poco gradevole e fingendo di apprezzarlo per circa un’ora. Il gioco vale davvero la candela? Assolutamente sì!

Siccome scopriamo ben presto che il 75 per centro della fauna è italiana, decidiamo di chiedere qualche indicazione sul locale in cui si svolgerà questo benedetto djset. L’aspetto esterno non è particolarmente promettente ma si sa che non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina. In breve è andata così: “Ma questo Sankeys, esattamente com’è?”
- chiuso (cominciamo bene)
- vecchio (ve be’ e su questo siamo in linea)
- pessima gente (no, questo non credo)
- cocktail cari e imbevibili (e io che pensavo di affogarmi nell’alcol…)
- ma perché lì? (perché c’è un dj famosiss… va be’, c’è un dj)
- Volete dei biglietti per un qualsiasi altro posto? (evviva, mi mancava la figuraccia da attempata squattrinata)
- Siete proprio sicure di voler andare? (Sì, fortemente sì)
MA: in meno di 3 minuti quella bettola maltenuta si trasforma nel pavimento del Paradiso, un omaggio al Nirvana, una perfetta simbiosi tra il sogno e la realtà. Difficile liberarsi dello spauracchio della transenna per cui appena dentro, mi sono diretta al palco che in questo caso è la console dei dj. "Oh to’ guarda c’è Bill, ciao Bill, caspita com’è alta questa postazione, non si vedrà niente." Ero persa in questi pensieri sparsi quando all’improvviso sento bisbigliare il mio nome, più volte… e poi un sussurro: “è qui…” Oh caspita, vuoi vedere che ho sbagliato console, va be’ tanto siamo in 4 gatti (letteralmente 4. Se per caso avete visto dei video girare su Internet, sappiate che era tutto finto!). Mi volto baldanzosa e spavalda e, ancora prima di mettere del tutto a fuoco, ho una filloerezione (più nota come pelle d’oca) sul collo… Lì, a meno di 3 metri, stravaccato su una poltrona, c’è il nostro cantante. Che ride, ci fissa e ride, ci indica una per una e sorride. La reazione è istantanea: dieci passi indietro e una bottiglietta di acqua gelida al volo. Così passano le successive 2 ore: il terrorismo psicologico cui siamo state sottoposte per anni sta dando i suoi frutti. Nessuno osa avvicinarsi né tanto meno tirare fuori un cellulare. Fingiamo indifferenza, ci teniamo a distanza ma sorridiamo tantissimo, un po’ per l’isteria e un po’ per la felicità.
“Oh ma avete visto che Timo Maas ha lanciato un contest
sulla sua pagina e si vince la guestlist?” Ma sì, scriviamo, proviamo, andiamo
tanto ormai alle figure di palta siamo ampiamente abituate! Nel frattempo
pianifichiamo una cena a un orario in cui a Ibiza probabilmente stanno ancora
facendo colazione in modo da avere il tempo di prepararci e arrivare alla
nostra personale interpretazione di serata di gala in forma smagliante. MA: è un attimo e sei nella guestlist di Timo. La notizia azzera tutti i miei parametri vitali e mentre le mie socie si gustano una succulenta paella, io trangugio con fatica 7 gamberi prima di correre seriamente il rischio di vomitare tutto per l’ansia. E cosa sarà mai questa guestlist? E lo special spot? E ci sarà un privé? Un backstage? NON SONO PRONTA (forse non lo sarò mai!) Per la cronaca: la guestlist era un ingresso gratuito (biglietto che per altro era stato anticipatamente acquistato. In duplice copia.), niente di più. Ringrazio tuttavia sentitamente per la forte emozione che mi ha fatto perdere 2 chili. Seriamente: siete meglio di un workout. Mi spiace solo di non avere avuto il coraggio di ringraziare di persona Timo. Non sono maleducata, lo giuro. Sono solo molto, molto, esageratamente e vergognosamente timida. Ho lasciato che la mia socia lo salutasse dandogli pure degli affettuosi buffetti sulla pancia, la prossima volta chissà...
Sarebbe stato più facile spaccare un atomo a mani nude che decidere cosa indossare per la serata. Probabilmente un invito a cena dalla regina Elisabetta sarebbe stato meno impegnativo dal punto di vista dell’outfit. Per giorni e giorni ho vagato per negozi di ogni genere arraffando abiti senza discernimento alcuno. Prima di partire sono sommersa di piume, pizzi, paillettes: una novella Moira Orfei al pieno del suo trash chiaramente sotto effetto di stupefacenti. MA: il tuo cantante si presenta senza un filo di trucco, con una maglietta nera di Tezenis, un paio di scarpe simil ortopediche e un paio di jeans (a onor del vero, un bellissimo paio di jeans non quell’obbrobrio aderente da palco) ed è SPLENDIDO come non mai. Per dovere di cronaca devo dire che lo sparuto manipolo di fan presenti ha fatto la sua porca figura e probabilmente un tal picco di eleganza al Sankeys non lo rivedranno mai più.
Su una cosa devo dar ragione al 100 per 100 a chi scoraggiava la nostra gita di piacere: i cocktail sono imbevibili. E strepitosamente costosi. Soprattutto considerando che l’alcol l’hanno visto in un’altra vita e sono per metà self service... Pur evitando il più possibile di bere, ben presto il bisogno del bagno è primario e questo mi terrorizza davvero perché ho letto delle recensioni da film horror, roba che al confronto Dresda dopo il bombardamento era un prato di margherite. MA: incredibilmente sono puliti. Non ci posso credere, sembra quasi ci sia un profumo inebriante nell’aria. E poi alzi lo sguardo e ti trovi il tuo cantante che si lava le mani esattamente di fronte a te. Che fare? Ovvio, siccome il tuo QI è precipitato al livello lombrico, la cosa più intelligente rimane riaprire l’acqua e sciacquarsi con meticolosità tutte le dita. Poi, per fortuna, risuonano le prime note del remix di Twenty Years e entrambi vi fiondate fuori dal bagno, purtroppo verso mete diverse.
Sulla setlist non ho la possibilità di proferire verbo perché in un’ora e mezza riconosco due canzoni (la succitata Twenty Years e Picture), forse tre. Pensavo sarebbe stato straziante e, in effetti, all’inizio un po’ lo è stato. Poi però il tutto migliora e riesco anche a ballare per diverse ore continuativamente senza stramazzare al suolo. È molto bello il fatto che ci siano a stento 50 persone perché puoi girare indisturbato e goderti diversi punti di vista. Se non fosse che a ogni piè sospinto c’è qualcuno che cerca di broccolarti, si sfiorerebbe la perfezione. MA: il fatto che abbia cercando di rimorchiarti un tizio che fa colazione con latte e cereali e non con il Prostamol, credetemi, è una botta di autostima che manco una fornitura annuale di Redbull.
La fine della serata è vicina e io ripercorro come al rallentatore le regole ferree inculcatemi dalla mia genitrice:
- non importunare le persone;
- non fissare la gente (qui non sono andata benissimo, lo ammetto);
- non fare mai la prima mossa;
- non presentarti da sola.
È più che evidente che la teoria dell’imprinting su di me ha funzionato benissimo dal momento che, a parte qualche occhiata di troppo, non ho trasgredito per nulla. Molko ci sfiora uscendo di gran carriera e noi, spavalde come poche, in un momento in cui bastava uno sgambetto e un sacco per portarlo via, facciamo la cosa più logica: abbassiamo lo sguardo e accendiamo una sigaretta. MA: non ho rimpianti. Preferisco essermi goduta tanti sorrisi che una sola smorfia di riprovazione. Ho chiaramente la pericolosità di un gattino sotto sedativi, ma adesso però sono più sicura di me stessa, sono più forte e determinata. E con questa sicumera affermo che la prossima volta (chissà quando) riuscirò a fare almeno un cenno con la mano!
Con il senno di poi posso affermare con certezza che questo è stato il viaggio più divertente che io abbia fatto durante tutto il tour, ho riso fino allo spasimo, ho mangiato benissimo, ho passato le ore prima dell’ingresso spaparanzata al sole (ed è una sensazione bellissima), temevo di crollare come una pera cotta e invece alle 5 del mattino ero sveglia come un grillo (non facevo questi orari da almeno 15 anni!), mi sono goduta il mio cantante allegro, sorridente e rilassato per 5 ore filate a meno di due metri: insomma un gran bel regalo, spero ce ne siano tanti e tanti altri e confido in un rinnovato sodalizio Brian+Timo.
Due cose però ora mi colpiscono con una feroce potenza emotiva: il mio recente compleanno e la consapevolezza di essere a un epilogo.
Perché se è vero che non è finita finché non è finita, è chiaro che si prospetta un bel vuoto pneumatico che durerà diversi mesi.
Al momento non sono ancora in fase totalmente negativa, per cui ne approfitto per due parole di commiato.
- Fiera di aver pianto e riso tantissimo.
- Fiera di avere un baule colmo di gioie e di lacrime.
- Fiera di non avere un muro del rimpianto.
- Fiera di avere incontrato persone splendide e non: grazie, mi avete aiutata a crescere.
- Fiera della mia band che non mi ha MAI delusa.
- Fiera di avere avuto il coraggio di inseguire un sogno.
- Fiera di essere partita da sola e di trovarmi alla fine di questa avventura circondata da persone che spero resteranno a lungo nella mia vita.
- Fiera di avere avuto al mio fianco chi mi ha sostenuto sempre senza giudicare, che mi ha spronata in quella che non era solo una follia ma una vera e propria sfida. Sfida che, alla fine, ho vinto. Grazie a tutti. Di cuore.
“La speranza è un essere piumato
che si posa sull'anima
canta melodie senza parole
e non finisce mai.
La brezza ne diffonde l'armonia
e solo una tempesta violentissima
potrebbe sconcertare l'uccellino
che ha consolato tanti.”
che si posa sull'anima
canta melodie senza parole
e non finisce mai.
La brezza ne diffonde l'armonia
e solo una tempesta violentissima
potrebbe sconcertare l'uccellino
che ha consolato tanti.”
[Emily Dickinson]
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