HILLS OF ROCK - SOFIA EDITION - 2 LUGLIO 2022



The Terminal: Placebo edition. 
Dopo il concerto in bicicletta, non potevamo farci mancare il concerto in aeroporto. Letteralmente in un aeroporto. Bulgaro per giunta. 
Per chi, come me e un cantante a caso, non ama particolarmente volare, la location ideale. insomma. Perché in fondo, che tu sia sopra o sotto un aereo, poco cambia: potrebbe sempre cadere. 
Del festival che dire? L’organizzazione è… bulgara. Nel senso che non c’è nessuno che spiaccichi una parola se non in questa lingua assolutamente incomprensibile. Così ci riesce ancora più complicato capire come mai in questo benedetto festival stiano entrando le più svariate persone, dall’energumeno tatuato al nonno con i nipotini, al decenne che si trascina dietro una borsa più grande di lui alla tizia con la canadese accuratamente ripiegata sotto al braccio, con i più variegati mezzi di trasporto, dalla bici elettrica al monopattino (mi aspetto di veder spuntare una gondola da un momento all’altro). Entra chiunque con qualunque cosa tranne noi. 
Era prevista pioggia e ovviamente c’è un sole che conduce diretta mente fra le braccia di Efesto. Al ritorno sfoggerò la mia ormai nota ustione da concerto, pericolosamente simile a quella del camionista. Una volta entrate scopriamo che lo sponsor della manifestazione è lo Jäegermeister: perfetto per una morte certa considerato il caldo! 
Ci sono una marea di baracchini dove rifocillarsi di acqua e cibo, interi buffet perfettamente allestiti: peccato che l’unica parola che tutti capiscono sia Mastercard (che credo nel vocabolario internazionale significhi: RAPINAMI) e che le patatine sembrino scolpite nel marmo. 
I Placebo suoneranno alle 23.30, ora in cui di solito noi (e loro anche probabilmente) siamo in fase REM da un bel pezzo. Prima di loro ci sono 4 band tra cui conosco, e unicamente per sentito dire, solo i Sisters of Mercy. Le altre sono band Ska di varia provenienza: bosniaca, greca e bulgara. Detta così sembra una situazione del tutto innocua. E invece è ATROCE: nessuno dotato di un minimo di gusto musicale può sopportare musica ska (con annessi pogo selvaggio e balli di gruppo) per 5 ore. Deve per forza essere una tortura non autorizzata: per inciso, ho pure fatto da corista per i Koza Monstra, un imbarazzo che per fortuna resterà confinato in terra bulgara. 
L’unico intermezzo gradevole sono appunto i Sisters of Mercy che, oltre ad avere un repertorio decisamente interessante, sfoderano pure sul palco due fregni da competizione. Peccato che poi arriva la botta finale con i Dubioza Kolektiv che “suonano” per un’ora e quaranta: capite che sono stata sull’orlo delle lacrime ben più di una volta. Quando hanno portato sul palco un finto robot (praticamente un tizio con una scatola di latta in testa) e gli hanno fatto cantare una canzone il cui testo era esattamente questo: la la la la la, per 7 minuti, sono stata tentata di correre a prendere il primo volo per OVUNQUE
Se sopportare questo supplizio non è stata una prova d’amore io davvero non so cosa potrebbe esserlo. Passiamo la mezz’ora necessaria per la preparazione del palco a guardarci l’un l’altra scuotendo la testa e ripetendo “Mai più… mai più… mai più…” come fosse un mantra tibetano. 
E poi tutta la stanchezza, la noia, il male alle orecchie provocato da 5 ore di Ska, vengono spazzate via dalle prime note di Forever Chemicals. Gli invasati bulgari che per 5 ore hanno saltato tutt’intorno a noi, provocandoci dei sobbalzi allo stomaco degni di una intossicazione alimentare, hanno resistito esattamente per tre canzoni, provando pure a pogare su Scene of the Crime senza alcun successo: evaporati verso i buffet probabilmente. 
Il concerto in sé è stato un bel… problema. Una prova di ardimento non indifferente. Tenere a bada la potente aura ormonale che ci è stata lanciata addosso non è stato affatto facile. Credetemi. Molko ha raggiunto vette di interpretazione mai toccate negli ultimi anni. A partire da un gemito di 20 secondi netti alla fine di Forever Chemicals: io sospetto sia stato dovuto a un potente attacco di sciatica, ma quel che conta alla fine non è la causa ma l’effetto, giusto? 
Ansimi e ansiti si sono sprecati su qualsiasi canzone, ancheggiamenti che mi fanno sospettare che il nostro cantante abbia passato i due anni di lockdown a fare un corso per corrispondenza di danza del ventre, con ottimi risultati per altro. 
Happy Birthday in the Sky viene esplicitamene dedicata a Bowie ed è struggente come non mai. 
Bionic conduce il cantantino a bordo palco e ne fa un dispensatore di sorrisi che penso abbiano ingravidato anche il personale dell’aeroporto.
One of a Kind regala un cambio chitarra al volo, una confusione di parole e una ridacchiata satanica.
Ma è Sad White Reggae che si conferma la vera punta di diamante della scaletta: pensate a un Molko che si accarezza voluttuosamente la pancia sulle parole “I'm no longer fleshy” (costipazione? Chi può dirlo. Ho visto distintamente servire topi in umido, quindi potrebbe essere. Ma vale il principio di prima, chissenefrega della causa!). Pensate a un Molko che si disegna un sorriso sulle parole “I'll smile in the mirror” (che pure quei denti acquisiscono un loro porco perché!). Pensate a un Molko accartocciato sul microfono che sospira “Collapse into never”: margini di sopravvivenza molto molto bassi.
Rivaluto persino Too Many Friends, perché fumare senza toccare la sigaretta con le dita non è da tutti (questa parte andava sicuramente vietata ai minori).
La fine di For What it’s Worth è un “Got no friends, got no lover” strascicato e tirato all’inverosimile con tanto di pernacchia.
Capisco che dopo tutto questo ansimare, mimare gesti e sorrisi, accovacciarsi per un paio di minuti giusto prima di Running sia stato doveroso (probabilmente era anche finito l’effetto del Toradol): una pausa che anche a noi è servita per riprendere fiato accasciate sulla transenna.
Un concerto velocissimo, con due canzoni in meno rispetto allo standard e senza pausa prima dell’encore. Ma sapete come si dice: breve ma intenso! 
Stravolte come se fossimo state investite dalla Sfera Genkidama di Dragon Ball, ci dirigiamo all’uscita borbottando “Ancora… ancora… ancora…” 
Per la cronaca: siccome tutto il mondo è paese, ho letto il giorno successivo le critiche bulgare. Concerto troppo breve (e la prossima volta non fateli suonare alle 23.30!), poca interazione con il pubblico (se ce ne fosse stata di più, a quest’ora io starei scrivendo questo post da un carcere…), maleducati che nemmeno salutano (questa è una bugia!). 
Mi ricorda qualcosa… 

Vi ricordo sempre che il nostro bravissimo disegnatore si chiama Patrizio Genna (lo trovate anche su Instagram, guardate che cose belle che fa: petroks_art)

Vi ricordo anche la stupenda collezione di Pearl Pills dedicata ai Placebo di Deicuoristudio_playlist (andate a vedere la sua pagina Instagram perché le bellezze stanno andando tutte sold out e in più c'è una promozione fantastica per i fan di Molko)! 






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