Firenze – 23 giugno
“Tutti amiamo innamorarci.
Perché è un’esperienza che ci fa sentire completamente vivi, ci rigenera,
risveglia tutti i sensi, ingigantisce ogni emozione, la nostra realtà
quotidiana è scossa e siamo catapultati in paradiso. Può durare anche un solo
momento, un’ora, un pomeriggio ma questo non toglie una virgola al suo valore,
perché ci lascia ricordi preziosi che conserveremo per tutta la vita”
[L’amore ha due facce, 1996]
(Ovvero di quando un
mini-concerto su cui avevi investito zero aspettative, si trasforma in un
monolocale arredato in Paradiso)
Angelo e demone.
Missionario e Kamasutra.
Fuck with brain and sex on
legs.
Perché non è solo l’amore ad
avere due facce, il mio cantante ne ha molte di più!
Quando Brian parla di
travelling circus, è evidente che non si riferisce alla band ma al gruppo
vacanze Placebo in trasferta. Lasciamo la bella Taormina in autobus occupando
l’ultima fila, come le scolaresche in gita facendo lo stesso casino di 84
adolescenti in viaggio per Amsterdam. Ma insomma, dopo la botta emotiva della
sera precedente è opportuno sfogarsi per evitare un’implosione emotiva e
ormonale. Ho un po’ a cuore i timpani dei restanti viaggiatori, ma punto tutto
sull’età non più giovanissima e quindi su una probabile già preesistente sordità.
Arrivo a Catania con due ore
di anticipo sul volo, tutta felice perché così posso mangiare (andare in tour
mi mette una fame pantagruelica inestinguibile!).
E invece no…
Al check in di Alitalia c’è
solo un banco aperto e 30 persone in fila di cui almeno 15 in evidente procinto
di fare un trasloco! Dopo un’ora di attesa, ingiurie varie, vista appannata
dalla fame, stomaco brontolante che manco una mandria di mucche farebbe più
rumore, tocca quasi finalmente a me. Peccato che i due ragazzi che mi precedono
stanno imbarcando il sarcofago della trisavola, un’attrezzatura completa da
immersione per 12 persone, due kait, un cane, un gatto e probabilmente i due
liocorni sperduti dal 1978. Ovviamente hanno tutti i problemi del mondo,
compresa un palese attacco di iperidrosi. Vanno, vengono, aprono valigie,
richiudono il gatto… anche la hostess è evidentemente provata. Alla fine ce la
fanno e festeggiano il miracoloso imbarco facendosi un selfie… io avrei
preferito una bottiglia di Montenegro, ma tant’è…
Prima di salire in aereo
riesco anche a trangugiarmi un panzerotto, salutare gli amici, e beccare una
valigia su uno stinco e dopo un volo fino a Roma in stato narcolettico e un
volo fino a Firenze che sfida le leggi della fisica (arrivare a destinazione
con 35 minuti di anticipo su una durata totale di 55 minuti fa un po’ paura…),
riesco finalmente a distendermi su un materasso, in una camera deliziosa, con
un’amica deliziosa, con cui divido un bagno delizioso e una cena deliziosa.
Insomma siamo ancora deliziosamente pervase dall’aura d’amore della sera
precedente. E siccome il più l’abbiamo già visto, decidiamo di affrontare il
festival del giorno successivo con la dovuta calma, considerando anche che i
nostri non sono il gruppo di punta della manifestazione.
Quando la mattina dopo ci
incamminiamo verso il Visarno, Caronte è già in piedi da un pezzo. Sembra di
respirare acqua e alle 10 ci sono già più di 30 gradi, una roba da far sudare
anche i sentimenti. Ma siamo fiduciose, in fondo è un parco e ci saranno
sicuramente degli alberi!
E invece no…
Di alberi manco l’ombra, in
compenso ci sono già circa 200 persone in fila. 200 persone. Alle 10 del
mattino. A 32 gradi. Per il PIT. Sono sbigottita: di solito noi alle 10 del
mattino siamo in 20 quando ci sono le condizioni climaticamente perfette, le
previsioni astrali prevedono la congiunzione della Luna con Aldebaran, nello sciame delle Pleiadi, le gastronomie e i bar nel raggio di 5 centimetri
offrono almeno 4 menu completi diversi, compresi i piatti tipici della Papuasia
Orientale.
A buttare un occhio
velocemente direi che il rapporto Aerosmith-Placebo è di 196 a 4. Ma me lo
aspettavo, del resto questa è la loro serata, noi siamo solo ospiti. Spero non
troppo sgraditi… Le leggende metropolitane sui fan delle altre band sono
all’ordine del giorno e, se fino ad ora non me ne sono curata più di tanto,
confesso che qualche brivido (caldo chiaramente) comincia a corrermi per la
schiena. Non perché siano brutti&cattivi&crudeli per carità. Ma sono
tanti. TANTISSIMI. E noi siamo solo 4 femmine sgallettate senza nemmeno una
gran forza fisica a disposizione. Ma quanto sarà grande questo benedetto PIT?
8000 persone, mi risponde una voce sconosciuta. 8000 persone, praticamente poco
più dell’intera capacity di una venue standard dei Placebo. OTTIMO! Comincio a
credere che questo sarà uno s-concerto…
Dopo due ore sotto il sole a
picco, comincio ad avere la vista un po’ annebbiata e un principio di
emicrania. Sento che sarà una giornata lunghissima e mi chiedo a cosa diavolo
stessimo pensando stamattina quando abbiamo perso ben 20 minuti per truccarci
di tutto punto. È chiaro che nemmeno un waterproof di YSL da sette milioni di
dollari potrebbe resistere a queste temperature…
Gli aerofan cominciano a
spazientirsi. Le porte dovevano aprire a mezzogiorno e qui non si muove nulla
nonostante siano già le 12.05 (capite che con 35 gradi e il 3000 di umidità, la
tolleranza e la comprensione sono due virtù che vengono facilmente archiviate).
“È una vergogna! Ma cosa aspettate? Avete un fuso orario diverso lì davanti?
Alooooooraaaaaa, moves!!!” E noi: “Davvero! Che scandalo! Che indicibile
sopruso!” (Meglio non inimicarsi i fan altrui, soprattutto quando sono in netta
superiorità numerica!)
Dopo venti minuti buoni di
lamentele, entriamo. Uno per uno. Senza correre. Dicevano che i controlli
sarebbero stati serratissimi e invece a me nemmeno hanno aperto la borsa. È
vero che era minuscola ma non credo che uno che voglia fare un attentato entri
con una testata nucleare. In più avevo anche la vietatissima e pericolosissima
power bank infilata nel reggiseno… un giorno capirò come ragionano questi della
security, forse.
Appena intravedo il palco il
mio cervello comincia a elaborare dati:
- - c’è una
passerella;
- - Steven Tyler si
muove per tutto il palco e userà la passerella come una top model anziana;
- - Molko non è Steven Tyler e non può correre avanti e indietro causa filo;
- - Gli Aerofan si
disporranno lungo la passerella;
- - Agli Aerofan non
frega una beneamata ceppa di stare dove vogliamo stare noi!
Che botta di cu… scusate… Che
fortuna sfacciata!
E infatti a sinistra del
palco c’è un manipolo sparuto di gente tra cui una sola molkette. EVVIVA!!!!
Forse questo festival andrà meglio del previsto. Soprattutto perché davanti a
noi ci sono due coppie di fan degli Aerosmith veramente perfette. Piccolini di
statura, gentilissimi di indole, un filino fuori di testa come noi. Insomma,
tutti i miei timori di risse, lancio di oggetti verso i Placebo, conseguente
crisi isterica di Brian, abbandono del palco in 84 secondi netti si stanno
sciogliendo come neve al sole (e io anche, del resto!).
Si chiacchiera del più e del
meno, ci si scambia acqua di sopravvivenza e creme solari. A un certo punto
spunta una ragazza giovane giovane dietro che è al suo primo concerto dei
Placebo. Era lì per gli Aerosmith ma quando ha saputo che ci sarebbero stati
anche gli altri ha avuto un colpo al cuore. Io ho quasi le lacrime mentre
schizza via dicendo che deve assolutamente comprarsi la maglietta del tour!
Di fianco a noi c’è una
famigliola rock che alla fine della giornata sfoggerà un’abbronzatura
invidiabile. Tutto nella norma insomma. Cioè un po’ ci squadrano, ma con
curiosità più che altro. Alla fine tutto il fandom è paese: di certo appariamo
un po’ strane mentre dissertiamo per 35 minuti sul possibile cambio di camicia
di Brian o su quella volta in cui ha sollevato due volte il dito indice della
mano destra e sicuramente era un presagio di cataclisma meteorologico in
arrivo. Ma ognuno di noi è strano per qualcun altro ma questo non è
automaticamente sinonimo di cattivo soggetto, persona orribile, egoista e senza
cuore.
Dopo qualche ora e chili di
crema solare spalmata siamo viscide come capitoni in odore di cenone di
capodanno. Nonostante le fasce, i turbanti e i cappelli, il cranio sta per
prendere fuoco e io ormai trasudo insofferenza. Sarebbe gradita una doccia con
l’idrante e sarebbe gradito che smettessero di proiettare il video sulla
sicurezza prima che qualcuno compia un gesto estremo contro i maxischermi.
Finalmente la salvezza si
palesa nelle vesti di una ragazza piccina picciò della protezione civile che, armata
di pistolone spara acqua e offre agli astanti il primo vero e sentito orgasmo
quotidiano. La sensazione di appagamento è talmente intensa che ci sta anche
una sigaretta post coitale!
Nel frattempo ci sorbiamo
artisti ignoti tra cui spicca la tizia italiana che accompagna Jack Lukeman e
che pare suonare un mini lavatoio appeso al collo con delle spazzole per
capelli e un campanello da bicicletta. Bravi ma dopo un po’ anche basta…
Per fortuna continuano a
passare con le docce fredde altrimenti qui si rischia l’autocombustione.
Capisco che gli Aerofan che ci circondano rimangano un po’ allibiti dal fatto
che ogni volta ci si controlli il trucco: “Oddio mi è colato il mascara? Regge
la matita? E l’ombretto?”
Intanto sul palco ogni tanto
si vedono girare dei volti noti: Brandon, Mick e compagnia bella studiano i
metri a disposizione. Compaiono anche Alex e Billy: “Oh guarda chi c’è…”
E poi accade l’inaspettato:
spunta un cappello nero a tesa larga poggiato su una testina tonda
inconfondibile. E a me parte un urlo istantaneo e butto alle ortiche una
coronaria. Poi con fare indifferente declamo: oh c’è Brian… Il tizio davanti a
me, mentre dà l’estremo saluto al suo timpano, comincia a capire che forse non
sarà una passeggiata e mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite… Scusami, ma
non ho potuto trattenermi.
Tra ulteriori docce, i Daft
Havana, controllo trucco e parrucco finalmente tocca ai nostri. I ragazzi
davanti sbirciano la scaletta e ci comunicano che suoneranno un’ora e un
quarto.
“Quante
canzoni faranno? Una decina?”
“Mah
almeno 15 direi…”
Momento
di s-concerto… Voi non avete capito che il piccoletto se vuole mi trasforma
pure The Crawl in un 150 bpm…
Ok, mancano due minuti: via
la fascia ammazzasesso e gli occhialoni alla Moira Orfei, un calcio
all’asciugamano e una passata di gloss e di deodorante, pancia in dentro e
petto in fuori e siamo pronte.
Parte il video spot del
ventennale: mano sul cuore come fosse l’inno nazionale. Sparito il video di
Every You Every Me (cioè se dovete levarlo, almeno rimettetela in scaletta.
Tanto la conoscerete ben a mena dito no? No.), attacca subito Pure Morning.
Quando Molko entra parte l’urlo belluino. Che non è: “AHHHHHHHH!”,
“BRIAN!!!!!!”, “I LOVE YOU!!!” bensì: “HA LA STESSA CAMICIA DI TAORMINA!!!!!!”
(Seconda fila a sinistra,
questo è il cammino,
Cosa stia succedendo intorno
a noi mi lascia del tutto indifferente. So solo che stiamo cantando come delle
forsennate, ballando come delle tarantolate sotto una temperatura che
normalmente ci vedrebbe fiacche come delle mummie. Qualcuno potrebbe pensare
che il rischio svenimento è altissimo: no, tranquilli, le funzioni vitali sono
praticamente azzerate. Ovviamente il sole è esattamente di fronte al palco
quindi Matt ha la fronte in fiamme in meno di due minuti, Brian e Stef non si
toglieranno gli occhiali da sole nemmeno sotto tortura (forse allungando 10
euro, sì…), come faccia Bill a stare in maniche lunghe non riesco a spiegarmelo
(ma dalla faccia paonazza e sofferente deduco che anche lui sta internamente
cristonando), la povera Angela indossa dei jeans lunghi e neri. Ho capito che
deve capire subito che la vita con questi qui non sarà facile, ma mi pare
eccessivo tentare di ucciderla. Nick luccica come Edward Cullen tanto è sudato.
Eppure sono carichi come delle molle, Brian ha la classica espressione da
“minchia, guardatemi quanto sono fico” e sfoggia la boccuccia “a culo di gallina”
per svariati minuti.
Io ho la solita espressione
ebete e il tizio della security continua a guardare alternativamente me e il
palco e poi se ne esce con un: “Ma seriamente?”
A un certo punto Brian si
aggiusta la chitarra e si spalancano le porte dell’Apocalisse: BRIAN MOLKO IN
SHORTS!!! (Lo ripeto urlando tipo 5 volte di fila. Il tizio di fronte a me sta
valutando se chiamare un esorcista!)
Ora, cerchiamo di
razionalizzare: il fatto che Molko scopra centimetri di pelle è un evento
possibile quanto vedere l’aurora boreale dal centro di Milano. E l’ostensione
delle sacre rotule vale più di un abbonamento annuale a YouPorn.
E scusatemi Aerofan, ma da
qui in poi non c’è più ritorno!
Quando si avvicina per fare i
suoi assoli di chitarrina possiamo altresì notare quattro importanti
particolari:
- - ci sono due
piccoli lividi sul ginocchio destro e sento che le congetture su come se li sia
procurati saranno oggetto di disamina per i prossimi mesi;
- - Molko ha dei peli
sulle gambe. Pochi, cortini e chiari ma ci sono. E per me diventano improvvisamente un conclamato simbolo di estrema virilità;
- - Questi jeans non
mi sono nuovi… mumble, mumble! Ma certo, sono quelli della LLL TV. Fedele alla
regola del riciclo e in linea con la campagna di salvaguardia dell’ambiente, il
buon Brian ha imbracciato le forbicine e zac, zac, ecco qui un perfetto outfit
da concerto estivo. Chissà se con la parte restante ha confezionato dei comodi
manicotti per quest’autunno?
- - Lo stacco di
rotula Molkiana va immediatamente inserito tra le cure per la fertilità.
Mutuabile, grazie.
Tornando a una cronaca posata
e consapevole, la scaletta è chiaramente mutilata per ovvi motivi ed esce di
scena buona parte della sezione malinconica in favore delle hit più famose.
Sicché in ordine, dopo Pure Morning assistiamo a:
Loud Like Love
Jesus’ Son (con tanto di
presentazione del pezzo)
Soulmates
Special Needs
Too Many Friends
Twenty Years
For What It’s Worth
Slave To The Wage
Special K
Song To Say Goodbye
The Bitter End
Nancy Boy
Infra-Red
Running Up That Hill
3 sigarette
Note sparse:
- - Brian saluta in
italiano infilando parole a caso: ciao, Firenze (detto benissimo, che la Z non
è per niente facile), buonasera, va bene, cazzo (che gli viene d’un bene, ma
d’un bene…). E noi giù a spellarci le mani come le mamme orgogliose dei bimbi
alle recite scolastiche, manco avesse declamato l’incipit dell’Odissea in
esametro dattilico catalettico.
- - Molko è comunque
sempre una gran diva, per cui è difficile che resista al fascino della
passerella. Infatti tenta l’approccio e a me parte all’istante il grido: “IL
FILO!!!!” Il povero Brandon ha srotolato lo srotolabile, ma l’effetto elastico
è immediato!
- - Attentato alle
coronarie di una povera fan già provata da eventi esterni: lay diventa fuck e
fa da proemio a un quintuplo orgasmo simulato alla fine di Nancy Boy. Una roba
che non si sostiene neppure a vent’anni, figuriamoci a quaranta. E scusami
Brian se l’unica cosa che ho saputo urlarti è stata: ANCHE SUI CHIODI! E per
fortuna che non capisci la lingua. Mentre l’hanno capita benissimo tutti gli
altri e in particolar modo una signora da dietro che ha ribadito il concetto
con veemenza!
- - Il fascino della
passerella ha la meglio: sull’intro di Running, il nostro si produce in una
sfilata che Naomi scansati proprio… con tanto di sigaretta tra le labbra e
battito di mani baby seal style. Tralasciando le scarpe anti infortunistiche di
dubbia foggia, invoco l’aiuto di Kazzenger che mi aiuti a risolvere questo
insondabile enigma. Dopo il quarto mistero di Fatima e la fine di Lost, tra le cose
per me inspiegabili resta l’incomprensibile motivo per cui Brian, che è alto 3
centimetri più di me, riesca a sembrare un gigante e ad avere una falcata da
top model navigata. No, spiegatemelo!
- - Dopo vent’anni di
carriera almeno in due sport Brian dovrebbe eccellere: il lancio del plettro e
lo sputo della cicca. E invece no… Con una parabola fuori da ogni legge
geometrica, il plettro gli finisce sui piedi e il mozzicone di sigaretta cade
un millimetro più in là.
- - Stasera abbiamo
assistito all’upgrade Soft wrist 2.0. Giuro, io delle smollate di polso così
non le ho mai viste. Una damina dell’Ottocento in shorts!
- - Infrangendo tutte
le regole dell’etichetta da festival, Brian si scorda di presentare gli
Aerosmith. Su questa “dimenticanza” ho una teoria: finito il concerto il nostro
è stato impacchettato e caricato sul tour bus. “Ma perché andiamo via così
presto?” “Perché gli italiani cenano alle 20, non lo sapevi? E no, tranquillo,
non suonava nessuno dopo di voi. Certo che eravate headliner, dai su!”
Insomma, alla fine questo
concerto è stata un gran bella sorpresa. Ho gridato, cantato, ballato come mai
prima d’ora. Ho declamato le lyrics di Too Many Friends come fosse un
capolavoro della discografia mondiale. Eravamo in 4, forse 6 (7 contando la
nuova adepta) ma con un’energia addosso che avrebbe potuto mettere in moto una
centrale elettrica di una cittadina di medie dimensioni. Anche gli Aerofan
davanti a noi, dopo l’iniziale sbigottimento (ma dove sono finite quelle 4
personcine così a modino, tranquille e pacate? Chi sono queste forsennate?)
hanno ballato e battuto le mani pur non conoscendo una parola ma trascinati dal
nostro entusiasmo. Avere sulle spalle la responsabilità di sostenere la tua
band a fronte di 30000 non-fan non è un compito facile sapete? Ma secondo me ce
la siamo cavata benino e spero che a loro sia arrivata almeno una piccola parte
del nostro entusiasmo.
Il concerto degli
Aerosmith l’ho anche sentito. Son bravini eh, tempo una decina d’anni e
potrebbero anche sfondare!
A parte gli scherzi, sono
bravi davvero. Conosco a stento 3 canzoni ma con una birra in mano e
l’adrenalina da smaltire, poco importa. Li ho sentiti e visti da lontano dopo
essere sgusciata fuori dal PIT e aver chiesto scusa per 20 minuti ai ragazzi
davanti a me per averli molestati.
Faccio due piccolissime
considerazioni:
- - quando presentano
gli Aerosmith parte un video a palla e alla fine un vocione fortissimo urla
cattivissimamente AEROSMITHHHHHH!!!!! Brian mormora un “We are Placebo. Ah,
from London”;
- - Steven Tyler esce
sul palco in un completo animalier giacca e pantalone, capelli lunghi e
selvaggi con ciocca rosa, truccatissimo e con una bocca disegnata sul viso.
Brian sfoggia un look da "viva il parroco": shorts homemade, camicina da divisa
estiva da controllore, scarpe anti infortunistiche, occhialoni da sole.
Eppure mi sciolgo d’amore
solo per uno di loro. Perché il mio cantante è differente: una sera ti strappa
il cuore e la sera dopo gioca a ping pong con le tue ovaie. E per farlo gli
basta una parola, un’occhiata, una scheccata con il polso.
Torno a casa con una fame
atavica, senza voce e con una congiuntivite da ostensione di rotule, ma felice
come non mai! Forse quando hai zero aspettative, ogni cosa la vivi come un dono
prezioso e questo concerto è stato decisamente un gran regalo. Benedico di aver
seguito l’istinto e non la testa che mi diceva di vendere il biglietto. È stato
faticoso, caldo oltre l’inverosimile ma quell’ora mi ha ripagata di tutto.
Ancora una volta, #graziebrian!
LYA
#seeyouinbulgària
MAAAA.....#GRAZIEBRIAN!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
RispondiElimina