WARSAW, 17.10.2022

Varsavia entra a gamba tesa nella classifica delle date più assurde che io abbia mai fatto. 

Ma andiamo con ordine.

Cominciamo con il dire che l’acquisto dell’abbigliamento per la data di Varsavia, stimata come una delle più fredde dell’intero tour, è iniziato la scorsa estate e nel corso dei mesi sono state accumulate tutte le protezioni utili a sopravvivere a un inverno siberiano. Con questo maxi equipaggiamento e non fidandoci assolutamente delle previsioni meteo siamo partite alla volta di una Varsavia che così soleggiata in pieno ottobre non si era mai vista. Le temperature sfiorano tranquillamente i 21° ed è superfluo dire che la calzamaglia termica e i pantaloni da sci creano un microclima adatto alla proliferazione dei batteri e delle muffe più agghiaccianti. L’alternativa era fare la fila in mutande, decisamente un’opzione peggiore della muffa e dei batteri.

Dopo un volo perfettamente in orario e dopo aver gioito per le tariffe particolarmente economiche dei taxi locali, veniamo scaricate in un quartiere residenziale davanti a un palazzo nuovo e moderno. Le indicazioni per entrare nell’appartamento, inviate solo ed esclusivamente in polacco stretto, erano diventate chiarissime grazie all’aiuto Google translate, quindi con tutto l’entusiasmo del caso abbiamo iniziato a inserire i codici pigiando con gioia sull’apposito tastierino. Gioia che scemava a ogni tentativo fallito, soprattutto perché, a quanto pare avevamo un numero di troppo. Dieci tentativi e un numero non meglio precisato di imprecazioni dopo, e avendo tentato anche l’approccio italiano, ossia scuotere con veemenza la porta, presa da una sorta di illuminazione divina e ruotando la testa di soli 60° scorgo un palazzo dalla parte opposta della strada che mostra a lettere cubitali il numero civico indicato nella mail di prenotazione. Indovinate un po’? Il codice ha funzionato al primo colpo!

Improvvisamente veniamo catapultate in un’atmosfera molto Matrix: palazzo nuovissimo, ascensore touch che in men che non si dica ci spara al 10º piano. Uscite dall’ascensore, ci troviamo davanti a un lunghissimo corridoio che potrebbe essere d’ufficio inserito in un qualsiasi racconto di Stephen King con le luci che si accendono ma mano che procediamo. Finalmente arriviamo alla porta del nostro appartamento e, dopo aver lottato qualche minuto con la combinazione (i numeri non sono il nostro forte e la manualità nemmeno, evidentemente!) entriamo in un delizioso bilocale, con tutti i comfort, nuovissimo e pulitissimo. Addirittura abbiamo un bellissimo terrazzo tutto vetrato che se soffrissimo di vertigini sicuramente sfrutteremmo al meglio per sorseggiare una bevanda fresca all’aperto. Sì, perché nonostante sia mezzanotte passata, a Varsavia, a metà ottobre, fa caldo! 

La mattina successiva ci rechiamo alla venue e qui scopriamo che gli omini della security polacca hanno un inspiegabile amore per le transenne. Infatti cominciano a incanalarci alle otto del mattino spingendoci gradualmente e inspiegabilmente sempre più lontano dall’ingresso. Nel complesso la giornata è assolutamente gradevole: eccellente compagnia e un sole e un tepore paragonabili soltanto a una un inizio di primavera italiana.

A circa tre ore dall’apertura delle porte i soliti solerti omini della security polacca sempre in ottemperanza al grande amore per le transenne cominciare a formare le file per l’ingresso. Ripeto: tre ore prima dell’apertura delle porte! Se si eccettua questo eccesso di ossessione per l’ordine, devo dire che l’organizzazione è eccellente: fanno entrare una persona alla volta con un controllo abbastanza accurato e assolutamente senza correre. Senza alcun motivo apparente e per una strana congiuntura sono la prima a entrare. Più o meno so dove andare e quindi imbocco baldanzosa e tronfia l’ingresso della sala. Improvvisamente a metà mi blocco, mi guardo intorno e mi rendo conto manca qualcosa: IL PALCO! Ci sono delle rastrelliere per giubbotti, ci sono dei trabiccoli per gli hot dog, c’è un enorme banco per il merchandise, ma di un palco nemmeno l’ombra. Resto per circa 20 secondi a guardarmi intorno come una novella John Travolta in Pulp Fiction e poi gradatamente vengo raggiunta dalle mie compagne di sventura che subiscono il mio stesso impasse: per qualche momento restiamo tutte immobili a guardarci intorno scuotendo la testa chiedendoci dove diavolo sia finito il palco. Per fortuna improvvisamente entra una ragazza polacca che, decisamente meno scema di noi, aveva seguito le storie dei nostri beniamini su Instagram e quindi sapeva che era stata montata una tenda nera per separare un pezzo della sala. Quest’anima pia, correndo e urlando ci indica la retta via. 

Grazie all’ansia da orario polacco mancano ben due ore all’esibizione dei degli Echo Machine. E due ore sono tante, soprattutto se hai le persone della seconda fila appiccicate letteralmente alla schiena che ti spingono come se tu avessi la capacità di smaterializzarti e lasciargli automaticamente il posto in transenna. Ma, purtroppo, la smaterializzazione dei corpi è una cosa su cui i nostri scienziati stanno ancora lavorando. L’esibizione degli EM è data da programma per le ore 19:57 e hanno iniziato esattamente alle 19:57. Ne abbiamo le prove. 

Del concerto dei nostri che dire? Appare chiaro da subito che non siamo esattamente in un mood allegro e vivace ma comunque l’impegno c’è e di questo bisogna darne atto. Sull’outfit di Brian naturalmente c’è poco da disquisire perché è immutabile nella storia dei tempi quanto il tubino nero di Audrey Hepburn.

Sono passate da un pezzo le nove di sera eppure Brian sfoggia l’umore tipico di ogni essere umano il lunedì mattina: ingrugnito, incazzato e a caccia della vittima sacrificale su cui sfogare tutta la frustrazione accumulata durante il fine settimana.

La prima candidata è la donna del thermos che viene rimproverata con un’occhiata che avrebbe incenerito Satana in persona e la cui colpa probabilmente è stata quella di non aver raggiunto la temperatura ottimale di 47 °C per il tè racchiuso nelle sacre borracce. 

La seconda candidata a ruolo di novello Isacco e la povera innocente filista evidentemente unica responsabile del fatto che il microfono non si ruota a 360° come la testa di Regan nell’Esorcista. Io vi posso assicurare che dalla posizione in cui ero ho visto esattamente l’intervento che la povera ragazza ha attuato sul sacro microfono cioè ha fatto finta di girare delle manopole ma in realtà non ha fatto assolutamente nulla: l’unico scopo era quello di sedare l’ira incombente. Dopo aver tentato di far fuori di occhiatacce anche il povero Stef straordinariamente colpevole di ancheggiare con troppo entusiasmo su canzoni sulle quali effettivamente non era assolutamente necessario, Brian finalmente trova la preda perfetta e manco a dirlo è il solito disperato che si crede un novello Anton Corbijn e invece probabilmente si troverà ad avere per le mani soltanto un video di pessima qualità, con un pessimo audio fatto da persone che strillano note sconosciute e teste che si agitano davanti allo schermo. 

Il primo su cui Brian si accanisce è il povero Billy, che per una volta ha tutta la mia solidarietà. La sua colpa è quella di non aver utilizzato correttamente la sua vista di ragno e non aver individuato immantinente il tizio che in 20ª fila al lato opposto della sala rispetto a dove si trovava lui stava filmando quello che accadeva sul palco.  Non avendo ottenuto soddisfazione dal malcapitato Billy che appunto non sentiva nemmeno quello che Brian gli strillava dal palco, il nostro ha deciso di fumarsi una sigaretta calmante e riavvicinatosi al microfono ha tirato un pippone di due minuti buoni a tutti gli astanti perché, ovviamente, il cazziatone non poteva essere circoscritto a una persona sola ma andava esteso a tutte le 3600 persone presenti. Il nostro cantante si è detto molto dispiaciuto per il fatto che ci fosse ancora qualcuno che proprio non riusciva a godersi lo spettacolo se non attraverso lo schermo di un cellulare. Ci ha altresì avvisati di essere in una pessima giornata (tranquillo, non se ne era accorto nessuno!) e che quindi è la prossima persona beccata a filmare in maniera non autorizzata avrebbe decretato la fine del concerto. Vi assicuro che, nonostante io non fossi assolutamente colpevole di nulla, in quel momento mi sentivo dei brividi di terrore lungo la schiena perché effettivamente per quanto possa sembrare piccolo e innocuo, quando fa queste reprimende, Brian sibila come il diretto discendente di Salazar Serpeverde. 





Dopo questa lavata di capo, il nostro si è diretto verso la pedana della batteria dove ha deposto le sue sacre chiappe, e accavallando le gambe e assumendo una posa con polso molle degno di una soubrette anni 50, ha finito con tutta tranquillità di fumare la sua sigaretta. Sarebbe stato un momento meraviglioso da immortalare, una sorta di copertina patinata del numero speciale di Natale di Confidenze ma purtroppo non è stato possibile perché chiaramente siamo tutti legati troppo alla nostra esistenza terrena. Da lì in poi il concerto va avanti con un umore decisamente peggiore rispetto all’inizio. E considerate che già non era un Carnevale di Rio… Alla fine, cherry on top, la ragazza dietro di me, con un tempismo veramente degno di nota, solleva un cartellone la cui scritta recitava suppergiù: “L’unico Dio in cui credo è mister Molko”. Il fatto, ovviamente, non crea la minima reazione da parte del succitato Dio che anzi ignora bellamente la cosa, gira i tacchi e se ne va. 

Tutto questo per dire che, alla vigilia del concerto di Milano cui credo teniamo tutti particolarmente, basta veramente un nulla per rovinare la serata a tutti. 

Purtroppo non vale l’inversione del vecchio detto colpirne 100 per educarne 1 perché quell’uno comunque sempre coglione resterà invece gli altri 100 si incazzeranno e basta. In questo caso a Varsavia a causa del comportamento di una persona, ne abbiamo fatto le spese in 3599 e vi assicuro che non è una cosa gradevole. La richiesta che viene fatta all’inizio del concerto, condivisibile o meno, presuppone una forma di rispetto fuori del comune e cui molti non sono abituati. Forse in questo momento sarebbe utile mettere da parte l’egoismo che fa dire a tante persone “io ho pagato il biglietto quindi faccio quello che voglio” e se non volete farlo per la band o per il cantante, provate a farlo per le altre persone che vi circondano. Peraltro si tratta di una richiesta, non è un’imposizione, non è una coercizione, non è un obbligo, non è una regola: è una semplicemente un invito che una persona è una liberissima di accettare o meno. Ma bisogna anche mettere in conto che potrebbero esserci delle conseguenze non per il singolo individuo ma per tutta la comunità. Peraltro il problema non sono le singole foto (o meglio il problema della singola foto ce l’hanno soltanto le persone in prima e seconda fila che sono guardate a vista come se fossero dei criminali e che sono le ultime persone al mondo che si sognerebbero di tirare fuori cellulare) bensì le persone che riprendono interi pezzi di concerto e vi assicuro che queste persone rompono le palle non soltanto a Brian ma anche a tutte le persone che stanno dietro Quindi aldilà del fatto che secondo me dovrebbero adottare una linea più dura e imporre un divieto a priori (molti non sono in grado di rispettare delle regole, figuriamoci delle richieste…), mettetevi una mano sulla coscienza: se siete in un punto dove non vi possono assolutamente vedere fate quel c***o che volete, però se appena appena siete in un punto visibile abbiate l’accortezza almeno di non farvi beccare. Poi magari invece sarà meraviglioso e non succederà assolutamente nulla e tutti potranno fare video e foto a profusione dato che durante il concerto di Amsterdam pare che siano state autorizzate foto e video sulle ultime tre canzoni. Per favore, se proprio non ce la fate a tenere a freno il vostro ditino almeno cercate di portare pazienza: il vostro momento arriverà!

Tornando in quel di Varsavia, dopo la sfuriata di Brian non abbiamo più visto Billy e non so se nelle date successive sia ritornato al suo posto. Di certo noi il giorno successivo abbiamo scandagliato accuratamente gli angoli più reconditi della città per vedere se riuscivamo a recuperarne per lo meno le spoglie mortali.

Dopo un inquietante viaggio in taxi con un autista sordo (o con gravi problemi di udito, come segnalatoci prontamente dall’app di prenotazione), un leggero pranzo a base di aringhe, fegato e purè; dopo aver dimenticato lo zaino contenente le mie cose più preziose (fondotinta e copri occhiaie!) e averlo recuperato grazie a un solerte e giovanissimo cameriere; dopo aver sperimentato anche il deposito bagagli in un negozio di souvenir e aver acquistato la calamita più brutta mai vista in tutta la Polonia, finalmente è ora di dirigerci in aeroporto e tornare a casa.

Certo, ma come dimenticare il volo di ritorno che oltre a essere in ritardo di un’ora e mezza è stato ballerino dal decollo fino all’atterraggio? Quando sono scesa non ho potuto fare altro rendere omaggio al mio cantante del cuore citando una delle sue frasi più vere e profonde: I really don’t like fly! 

Infine, solito momento promozione: 
Vi ricordo che domani ci sarà l'estrazione del vincitore del super concorso per i Placebo Lovers indetto dalla fantastica Stefania Dei Cuori. Avete ancora poche ore per partecipare e il regolamento potete trovarlo qui: https://www.instagram.com/reel/CjDB89ejhfd/?utm_source=ig_web_copy_link e che vi darà la possibilità di vincere una fantastica Pearl Pill, unica, personalizzata e fatta con un ingrediente speciale: la passione! 

Come potrete vedere in questa puntata manca la vignetta del nostro amato Petrok's art  che tornerà a breve fra noi :)

Le foto utilizzate in questo blog non sono ovviamente mie perché ci tengo ancora troppo alla vita. 
La cover è stata scattata da Andrew Kaziq (professional photographer) - @kaziq
Le testimonianze di sexy angry cigarette sono screenshot dal video di uno sconosciuto di cui non sentiremo mai più parlare! 


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