Doncaster - 10 ottobre 


“Ognuno vede quel che tu pari; pochi sentono quel che tu sei.”
[Niccolò Machiavelli, Il Principe, Cap. XVIII]

(Ovvero di quando il tuo cantante si presenta sul palco malaticcio e tossicchiante, contagiando praticamente le prime dieci file e mettendo a nudo, purtroppo solo metaforicamente, tutta la sua fragilità e tu vieni presa dal violento istinto di inondare di saliva tutti quelli che non solo non hanno apprezzato lo sforzo immane, ma hanno pure avuto di che lamentarsi profusamente)


La città di Doncaster ha circa 70mila abitanti, ha dato i natali a ben tre sconosciuti calciatori e a una velista che per insondabili motivi ha preferito prendere la cittadinanza statunitense.
Il suo passato romano e medievale è stato surclassato da un’orrida costruzione chiamata Frenchgate Shopping Centre che ne definisce tristemente lo skyline.
Tuttavia, se cercate una catena sottocosto qualsiasi, siete nel posto giusto. In particolare si segnala la forte presenza di ristoranti pseudo italiani. A tal proposito vorrei rimarcare che:
  •       gli champignon sott’olio fritti e travestiti da olive all’ascolana NON sono un piatto tipico italiano;
  •       gli stick di mozzarella fritti NON sono un piatto tipico italiano (ma li trovate facilmente da McDonald)
  •      la bruschetta fatta con garlic bread, cipolla cruda e pomodori verdi NON è un piatto tipico italiano;
  •      le patate fritte cosparse di cheddar NON sono un piatto tipico italiano.

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I nostri stasera si esibiscono in un Leisure Center (che è una modo elegante per definire un “Centro sportivo”). Per ingannare il tempo possiamo, infatti, scegliere di farci una nuotata, pattinare sul ghiaccio o bruciare calorie in palestra. In alternativa potremmo anche lanciarci le palline dei gonfiabili per i bimbi. C’è un quantitativo di cloro nell’aria che sbiancherebbe e sturerebbe anche i sentimenti e l’umidità tipica delle piscine di certo non è l’ideale per chi ha i capelli ricci ma la cosa bella è si può fare la fila al chiuso e a mezzo metro dai bagni!

Purtroppo tutte le cose belle finiscono e, infatti, è proprio nella ridente Doncaster che comincia la climax medica ascendente della mia band.

Il primo vero brivido lungo la schiena lo sento scorrere quando vedo comparire un box di fazzolettini di carta e una boccettina sospetta che sembra tanto calmante per la tosse…



Su Pure Morning devo dire che non mi accorgo quasi di nulla, complice quello stordimento generale che mi coglie sempre alla prima canzone, ma già su Loud Like Love comincio a capire che c’è qualcosa che decisamente non va. Sospetto che viene poi confermato dalle parole del mio cantante:

“Sapete mi è successa una cosa strana. Ieri sera quando sono andato a letto ero Brian Molko e quando mi sono svegliato stamattina ero il cantante dei The National…”
Ora, non è tanto la battuta, quanto il tono. Non ci sono molte alternative: o il mio cantante è posseduto dallo spirito di Joe Cocker oppure dobbiamo fare i conti con un mal di gola apocalittico!   



È tutto molto bizzarro, i Placebo sono per il 90 per cento fatti dalla voce di Brian e sentirla completamente diversa è quanto meno straniante. Sembra di essere in un mondo parallelo: lui è lì, davanti a me, le parole sono le sue, i gesti sono i suoi ma quello che gli esce dalla bocca non gli appartiene. Ma la cosa più assurda di tutte è che trovo questa “diversità” anche gradevole. Particolare, ma bella. Certo, è impossibile scatenarsi e cantare perché tutte le canzoni sono abbassate di 10miliardi di toni e molto recitate e quindi l’unica cosa seria da fare è entrare consapevolmente in una sorta di catatonia contemplativa amplificata da un’espressione da triglia innamorata.

Ora, considerato il fatto che io con il raffreddore faccio testamento, con la tosse piango e rantolo come un gatto rognoso e con due linee di febbre chiamo le pompe funebri, sono orgogliosamente stupita dal mio cantante che, nonostante il naso gli coli come le cascate del Niagara e abbia gli occhi lucidi come specchietti retrovisori, non solo sale sul palco, fa un paio di battute e sevizia chitarre, ma riesce anche a tossire a tempo.

Per far compagnia alle già sepolte Lazarus (sì, sono ancora in lutto per la dipartita e sì, spero ancora in un ritorno a sorpresa) e Lady of the Flowers, stasera escono dalla scaletta anche Space Monkey e Teenage Angst. Perdite sicuramente dolorose ma comprensibili se vogliamo evitare che qualcuno chiami davvero un’ambulanza.
Una menzione particolare invece la meritano le versioni di Protect Me (ma non è una sorpresa, bassa è davvero da cessione delle mutande) e soprattutto Nancy Boy e The Bitter End (queste invece sono davvero dei piccoli gioielli inaspettati).


Esco da questo show con un interrogativo degno dell’enigmista: come diavolo è possibile che una persona che ha in una voce particolare e inconfondibile tutto il suo potenziale più prezioso, in preda a raffreddore, naso che cola, tosse e laringite, riesca a fare un concerto sicuramente strano diverso dal solito ma altrettanto fottutamente bello?



To be continued…

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