Dundee - 8 ottobre 


“I almost wish we were butterflies and liv'd but three summer days - three such days with you I could fill with more delight than fifty common years could ever contain.”
[John Keats, Bright Star]

(ovvero di quando il tuo cantante ti trolla in modo inverecondo, in italiano quasi perfetto, “minacciando” di mostrarti la sua collezione di farfalle e tu, persona dotata di intelletto quanto meno normale, rispondi con un’affermazione di Luminaliana memoria – Ah, ok – conquistando all’istante la medaglia di platino nella disciplina olimpica “Figure di palta con Brian Molko”)



Brian Molko ha voluto come location per il concerto in terra natìa una sala consigliare del palazzo del comune, presumibilmente dove di solito si celebrano matrimoni e cerimonie per la consegna dei diplomi. Dovevo capirlo subito che questa scelta non era dettata dal desiderio irrefrenabile di sposare tutti gli astanti e nemmeno da un moto di feroce nostalgia per le belle estati trascorse nella ridente cittadina… Dovevo capirlo subito che per le vere figure di merda, serve una location che abbia anche una sorta di ufficialità burocratica…

Partendo come sempre dalle affermazioni del nostro, scopriamo che:

Mia madre, viene da una famiglia supercattolica di nove figli ed è proprio di qui. Per cui, è davvero probabile che io sia parente una buona parte di voi (e che diavolo, Molko, pure ai familiari fai pagare il biglietto?). Quindi ora, supercattolicissimi parenti serpenti, beccatevi questa simpatica canzoncina che si intitola Jesus’. Jesus’ Son. Tiè!”

Due tizi non meglio identificati decidono di immolarsi sull’altare del pippone antisocial, scattando foto ripetutamente e filmando anche la ricrescita dei capelli delle persone davanti. E, come da manuale, il nostro sbotta:

“Voi siete importanti, noi siamo importanti. Voi siete importanti tanto quanto noi (sì, ok, poche idee ma confuse… di quando la rabbia ti acceca e ti si arrotola la lingua su ogni parole che ti esce!). E le vibrazioni, bla bla bla… e godetevi il momento, bla bla bla… e non ci sono più le mezze stagioni, signora mia bla bla bla…”
E poi un guizzo di lucidità sadica e satanica: “Lo sapete come si fa a diventare i meno importanti di tutti in tempo zero? Tirando fuori quel fottutissimo telefono!” Ora, è chiaro che Molko si è bruciato tutte le possibilità anche future di fare da testimonial per una qualsiasi compagnia telefonica, dalla Vodafone alla Nitel nigeriana, ma dopo una frase del genere anche tu cominci a vedere sotto un altro aspetto la relazione che hai con il tuo iPhone e la tentazione di abbandonarlo lì, sul ciglio della transenna, è fortissima.


Il problema è che queste cose succedono sempre all’inizio dei concerti e che Molko porta ancora sul braccio le bollicine dell’allergia da fan della sera precedente. Il problema è che il mio cantante poi perde la concentrazione, mi maltratta i fili, fulmina persone in prima fila lasciandole in uno stato di prostrazione da cui si riprenderanno a stento dopo mesi e con adeguata terapia.
Dopo aver borbottato parole incomprensibili su Devil, mi si impiccia pure su Space Monkey. Ma poi, il miracolo! Siccome il mio cantante è volubile come una diva del varietà anni 50, gli bastano i 3.51 minuti della canzone per riprendersi e lasciarti lì, tramortita sulla transenna con ancora nelle orecchie il mugolìo strascicato di “Like you let me doooooooooooooooooooooown”.

Lo stato di grazia ha il suo culmine quando, invece di presentarsi prima di Running sbattacchiando le manotte e con la bocca nell’usuale atteggiamento da “culo di gallina”, ci spunta da sotto al palco e passa a stringere mani a tutti. Solo che è talmente piccolino che qualcuno non se ne accorge, impegnato a cercare sciaguratamente il fucking phone nella borsa e poter approfittare di quei pochi minuti di pausa per controllare se a casa è tutto ok, se l’idraulico ha aggiustato la caldaia, se i famigliari sono ancora tutti vivi e si sono nutriti: insomma alla fine siamo fan, ma pur sempre massaie! (No, io me ne sono accorta. E anche le tre falangi che mi ha quasi strappato nella foga se ne sono accorte. Amo gli uomini che non temono di manifestare il loro entusiasmo!)

Alla fine del concerto si scopre che il tocco di Molko è taumaturgico: passa la sinusite, l’emicrania e la psoriasi. Si mormora addirittura che una cieca in prima fila abbia riacquistato la vista. A saperlo prima, gli davo il polpaccio anziché la mano!


 Pare che la discesa molkiana sarà l’oggetto delle breaking news sulla BBC insieme a un rischio terremoto/eruzione vulcanica/invasione aliena in terra scozzese. E pare che gli eventi siano tutti strettamente collegati.
Ma le campane dell’Apocalisse suonano chiare e limpide poco dopo, quando il mio cantante decide di uscire a firmare autografi. Senza transenne. Senza protezione. In mezzo ai fan. Così, da solo. (Fan che peraltro sono talmente sconvolti dalla cosa che sembrano essere stati colpiti da un petrificus totalus)
Io ho il forte sospetto che lo abbiano intabarrato in una sorta di tuta protettiva tutta nera, gli abbiano dato una pacca sulla spalla e l’abbiano buttato fuori prima che si rendesse conto di cosa stesse succedendo: “Sei in terra patria. Mi raccomando Brian, carino&coccoloso. Carino&coccoloso, ok?”
Ecco che si spiegano i complimenti buttati a caso in italiano a un tizio tedesco (“Sei bravissimo!”) e la finta broccolata attingendo al repertorio della commedia all’italiana anni settanta (e in ogni caso la scusa della collezione di farfalle, o farafalle come dice Molko, è al primo posto sul sito seduzioneitaliana.com).
Comunque, Brian, la risposta è: “Sì, lo voglio. Mi sono laureata ieri in entomologia farafalliana!”  




To be continued…

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